IL "DISOBBEDIENTE" CHE SI PRESE CURA DI GESÙ - Seconda parte

(Card. Ravasi, in Famiglia Cristiana, 19 marzo 2017)

La giustizia di san Giuseppe è accoglienza della volontà divina

Essendo tuttavia uomo “giusto” – perché disponibile a compiere gioiosamente e fedelmente
la volontà divina – subito dopo, obbediente alla parola di Dio, consegna la propria vita a un progetto che lo trascende, con l’accettazione del comando di prendere con sé Maria. Ecco la giustizia di Giuseppe, che non è semplicemente quella derivante dall’osservanza scrupolosa dei comandamenti, ma la giustizia che è ricerca integrale della volontà divina, accolta con obbedienza piena. Attraverso questa obbedienza inizia per Giuseppe una vita nuova, con prospettive assolutamente insospettate, e con la scoperta di un senso più profondo del suo essere sposo e padre. Rimarrà così accanto alla sua donna quale sposo fedele, e a quel bimbo quale figura paterna positiva e responsabile. L’assunzione di questa responsabilità è espressa attraverso il fatto che è Giuseppe – secondo l’ordine angelico – a dare il nome di Gesù al figlio generato da Maria. L’atto del dare il nome significa che egli conferisce a quel bambino la sua identità sociale e che, proprio per questo, Gesù può essere riconosciuto quale vero discendente di Davide, così come esige la natura del Messia atteso. Questo bimbo è dunque consegnato alla responsabilità e all’amore di Giuseppe e, attraverso di lui, Dio consegna alla storia umana il più grande pegno della sua fedeltà, colui che è l’“Emmanuele”, il “Dio-con-noi”, profetizzato da Isaia. Certamente tutto ciò è avvolto nel mistero di Dio, al quale si accede solo con la fede. Ebbene, anche in questa eccelle Giuseppe, definito, proprio per la sua fede, con l’appellativo sobrio e grandioso, di “uomo giusto”. 

Uomo dei sogni obbediente alla volontà di Dio

Nel Vangelo matteano dell’infanzia, ogni volta che entra in gioco Giuseppe, la sua figura è caratterizzata da tre aspetti tra loro intrecciati: Giuseppe è l’uomo dei sogni, è l’obbediente che accoglie integralmente la volontà di Dio, è l’uomo che sa “prendere con sé”, cioè sa prendersi davvero cura delle persone affidategli. Attraverso il tema della visione angelica ricevuta nel sogno, l’Evangelista vuole alludere, con un linguaggio tratto dall’Antico Testamento (si pensi qui ai sogni dell’omonimo Giuseppe, nei racconti della Genesi), al mistero dell’irruzione del divino nella vita umana. Ebbene, Giuseppe è l’uomo che accoglie il sogno di Dio, perché in qualche modo sa egli stesso sognare una storia in cui Dio è coinvolto totalmente per la salvezza delle sue creature, così come suggerisce anche il nome di Salvatore-Gesù dato a quel bambino. Agli ordini angelici Giuseppe obbedisce sempre prontamente e ogni volta ricorre un’espressione assai suggestiva circa la sua pronta risposta: “prese con sé”. La prima volta è al termine dell’annunciazione di cui egli è il destinatario: “fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”. Successivamente, il “prendere con sé” riguarda l’ordine angelico circa il bambino e la madre da far riparare in Egitto; infine la stessa espressione ricorre quando si tratta di ritornare dall’Egitto. In tutto ciò emerge il ritratto di Giuseppe come di un uomo che ha scoperto l’amore divino per questa umanità, e che ha esperimentato la serietà della decisione di Dio di essere l’Emmanuele. È da questa evidenza intima che procede la sua forza di prendersi cura e di accogliere con sé Maria e il bambino.
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