PATRIS CORDE, IL PADRE NEL CUORE DELLA SOCIETÀ. CON QUALCHE SCAPPELLOTTO


Condividiamo coi lettori del blog un articolo di Simone M. Varisco (storico e scrittore, autore del blog Caffestoria), che ringraziamo per aver acconsentito alla pubblicazione del suo testo su queste pagine.  
Si tratta di un pezzo del 2021 che ci aiuta a riflettere sul tema della paternità, argomento  sempre attuale e che l'indizione dell'
Anno Giuseppino avrebbe dovuto riportare fortemente in auge. Un bilancio, insomma, e vari spunti per continuare a ragionarci su.
Buona lettura!

***

L’Anno di San Giuseppe, compiuto il giro di boa, procede sottotraccia e si avvia alla conclusione. Al pari della paternità, virtù e limite della riflessione: quella familiare, così come politica e spirituale. Servirebbe una scossa, forse uno scappellotto.


Sono trascorsi oltre sette mesi dall’indizione dell’Anno di san Giuseppe, voluto da papa Francesco per celebrare il 150° anniversario del decreto Quemadmodum Deus, con il quale Pio IX ha dichiarato san Giuseppe patrono della Chiesa cattolica. Il fine dell’iniziativa, come si legge nel documento della Penitenzieria Apostolica dell’8 dicembre 2020, è «di perpetuare l’affidamento di tutta la Chiesa al potentissimo patrocinio del Custode di Gesù». Di san Giuseppe nel decreto si ricordano il rapporto filiale con Dio, la pratica della giustizia, la custodia della Santa Famiglia di Nazareth, il suo essere lavoratore e l’aver sperimentato la persecuzione.

A giro di boa ormai compiuto e con ancora pochi mesi a separarci dalla conclusione dell’Anno speciale, prevista per l’8 dicembre 2021, il bilancio non è dei più confortanti. Colpa della paternità, probabilmente: tema forte, che avrebbe dovuto fare da volano alla riflessione, eppure sfuggente e di così violenta attualità che, tristemente, non è mai decollato, limitando il confronto ad iniziative che, sebbene importanti, finora hanno per lo più viaggiato sottotraccia.

Eppure forse mai nella storia come nel tempo in cui stiamo vivendo mascolinità e femminilità, paternità e maternità sono state messe così in discussione. Entrambe unite anche nella crisi, se è vero – come in effetti è – che sono dimensioni profondamente legate fra loro e complementari, fatte di reciprocità, di incontro fra differenti, di identità che sanno donarsi e ricevere dall’altro.

Se, in contrasto con le preziose rivendicazioni femminili, la maternità è sempre più svilita, malamente imitata, ridotta a luogo fisico di un’arida riproduzione da rifiutare, affittare o rivendicare per diritto di legge, la paternità sembra essere addirittura sul punto di scomparire, sommersa da una società liquida che uccide padri e fondatori. «Si dice che la nostra società è una “società senza padri”», scrive papa Francesco al n. 176 dell’esortazione apostolica Amoris laetitia. «Nella cultura occidentale, la figura del padre sarebbe simbolicamente assente, distorta, sbiadita. Persino la virilità sembrerebbe messa in discussione. Si è verificata una comprensibile confusione».

Confusione anzitutto sul senso della paternità, con pericolose oscillazioni fra autoritarismo e assenza, sopraffazione e latitanza, individualismo del lavoro esacerbato e distrazione dei social media. Un disequilibrio tanto grave che «in effetti le devianze dei bambini e degli adolescenti si possono in buona parte ricondurre a questa mancanza, alla carenza di esempi e di guide autorevoli nella loro vita di ogni giorno», ricorda papa Francesco. «È più profondo di quel che pensiamo il senso di orfanezza che vivono tanti giovani. Sono orfani in famiglia».

Per molti versi, le difficoltà dei padri sono figlie di quella immaturità che è fra i caratteri predominanti di molte società moderne, e che si riproduce e perpetua – non sempre, sia chiaro – anche all’interno dello Stato e della Chiesa.

Nelle istituzioni della comunità civile è sin troppo diffusa una responsabilità tradita, una fatuità che non sa pensare processi che si spingano oltre l’oggi di legislature sempre più labili. Nella Chiesa, similmente, manca talvolta una virilità coraggiosa che faccia dire cose vere, sempre più spesso scomode. Che sappia crescere ed educare figli liberi. Orfanezza di quella dimensione di parresia cristiana che il mondo apprezza sempre meno, e sempre meno tollera.

Se, in contrasto con le preziose rivendicazioni femminili, la maternità è sempre più svilita, malamente imitata, ridotta a luogo fisico di un’arida riproduzione da rifiutare, affittare o rivendicare per diritto di legge, la paternità sembra essere addirittura sul punto di scomparire, sommersa da una società liquida che uccide padri e fondatori. «Si dice che la nostra società è una “società senza padri”», scrive papa Francesco al n. 176 dell’esortazione apostolica Amoris laetitia. «Nella cultura occidentale, la figura del padre sarebbe simbolicamente assente, distorta, sbiadita. Persino la virilità sembrerebbe messa in discussione. Si è verificata una comprensibile confusione».

Confusione anzitutto sul senso della paternità, con pericolose oscillazioni fra autoritarismo e assenza, sopraffazione e latitanza, individualismo del lavoro esacerbato e distrazione dei social media. Un disequilibrio tanto grave che «in effetti le devianze dei bambini e degli adolescenti si possono in buona parte ricondurre a questa mancanza, alla carenza di esempi e di guide autorevoli nella loro vita di ogni giorno», ricorda papa Francesco. «È più profondo di quel che pensiamo il senso di orfanezza che vivono tanti giovani. Sono orfani in famiglia».

Per molti versi, le difficoltà dei padri sono figlie di quella immaturità che è fra i caratteri predominanti di molte società moderne, e che si riproduce e perpetua – non sempre, sia chiaro – anche all’interno dello Stato e della Chiesa.

Nelle istituzioni della comunità civile è sin troppo diffusa una responsabilità tradita, una fatuità che non sa pensare processi che si spingano oltre l’oggi di legislature sempre più labili. Nella Chiesa, similmente, manca talvolta una virilità coraggiosa che faccia dire cose vere, sempre più spesso scomode. Che sappia crescere ed educare figli liberi. Orfanezza di quella dimensione di parresia cristiana che il mondo apprezza sempre meno, e sempre meno tollera.

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