Molti uomini e donne ne portano ancora oggi il suo nome, caro e beato. Forse senza saperne più il significato. Si tratta di un nome ebraico (Yôseph, forma troncata di Yěhôsēph) che significa «Dio aggiunga!» o anche «che egli raduni!» (per san Bernardo abate è l’«accresciuto», come dice in una sua famosa omelia). San Giuseppe è l’«aggiunto» (un di più…): questo è il significato del suo nome. Un nome che è un destino, che segna una identità (
Precisamente sul nome e su altri aspetti della vita di San Giuseppe verteranno le meditazioni offerte in occasione della festa del Santo Patrono nel Santuario a lui dedicato nella nostra diocesi ambrosiana (l’unico), così da riscoprire e promuovere il culto e una figura tanto importante e attuale.
Giuseppe l’«aggiunto» dunque; per questo ha il profilo (già a partire dal nome) dell’uomo appartato, silenzioso, condannato a vivere quasi straniero, estraneo, “aggiunto” appunto (una condizione simile, peraltro, tocca a tutti noi, anche se questo destino è nascosto e viene alla luce soltanto in certi momenti, soprattutto quelli gravi di squalifica, umiliazione e di sofferenza, malattia, lutto).
E così anche tutti noi siamo e dobbiamo vivere – in certo senso – come “aggiunti” rispetto alla comune umanità. Come stranieri in questo mondo. Come ospiti e pellegrini in attesa di una patria migliore. Sempre in ascolto della Parola degli angeli, per trovare quell’autorizzazione alla vita che non possiamo trovare guardandoci semplicemente dentro o intorno; essa deve venire dall’alto.
(Mons. Silvano Macchi)
Fonte: Chiesa di Milano
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