IL CANTO DELLE RADICI (R. Mussapi)

(in La Santa Crociata in onore di San Giuseppe, agosto 2021)


Il 19 marzo, in Italia, con san Giuseppe, non si celebra e festeggia soltanto la figura di un padre esemplare, un santo, beatificando di conseguenza il ruolo del padre nella famiglia. Figura centrale, quella del padre, su cui ha scritto pagine memorabili Giancarlo Ricci, lo psicanalista, scrittore e filosofo recentemente, precocemente scomparso.
Figura che ispira la poesia nei suoi fondamenti: il prototipo è il padre Anchise che Enea porta con sé nella fuga da Troia in fiamme, e nel cui nome inizia il suo viaggio verso una terra destinata e ignota. È una figura ambivalente, quella del vecchio Anchise, o meglio, è ambivalente, drammaticamente complesso il culto assoluto di Enea verso di lui: il principe troiano, dedito esclusivamente a proteggere e salvare il padre, dimentica nel tumulto della fuga e perde per sempre - la moglie Creusa, e nel nome del genitore, della sua eredità e del destino segnato dagli avi, abbandonerà, fuggendo di notte, come un ladro, la splendida regina Didone, innamoratasi di lui con tutta se stessa, e che per disperazione d'amore, fuggito Enea, si ucciderà, lasciata non per disamore, ma per volontà di seguire il destino segnato della fondazione di Roma. Il padre certo non insuffla in Enea disamore, ma "non troppo amore" per la donna in assoluto, ieri Creusa oggi Didone, e questa figura mitica di padre, Anchise, lontanissima da quella di san Giuseppe, informa molta letteratura epica. 
A cui fanno riferimento importanti autori dell'Ottocento e del Novecento: in una poesia toccante e pregna di amore crescente, Stevenson si rivolge al padre, di cui non aveva seguito l'opera e l'aura: non sono diventato come te ingegnere di fari, costruttore di luci sul mare, ma non ti ho tradito. Chino sullo scrittoio, ho proseguito la tua avventura salpando da riva, illuminato dai tuoi fari, facendo rotta per altre luci sul mare, lontane.
Quando William Butler Yeats, un altro grande, del secolo successivo, chiede perdono agli antichi padri, nominando molti dei suoi antenati, in realtà rivela come la sua scelta non è rinuncia alle imprese dei progenitori, ma una continuazione diversa, nuova: a quarantotto anni non ho ancora figli, ma ne ho molti nelle mie poesie, e questo è il mio compito, e in questo modo prosegue il vostro sangue nel mio.
Il poeta poi avrà prole, ma il fatto non contraddice il suo pensiero: la continuità con i padri deve essere libera, non opprimente come nel mondo delle dinastie di ogni reame: san Giuseppe, in questa prospettiva, è l'antidoto, l'indomabile avversario di ogni "padre padrone".
E, tra i moderni, Quasimodo loda e ringrazia un padre veramente simile nello spirito a san Giuseppe, quanto quello della splendida, indimenticabile poesia di Sbarbaro: «Padre, se anche tu non fossi mio padre...». Amore assoluto di chi, dal padre, ha avuto, nell'umile vita quotidiana, amore assoluto.

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