1. San Giuseppe nella Bibbia e nei Padri della Chiesa
Il nome Giuseppe significa “Colui che aumenta” o “Colui che raddoppia”.
Alcuni commenti biblici
affermano il significato di “Egli (il Signore) aggiungerà”, implicando perciò il nome di Dio [5]. Si può
rendere anche come “accresciuto da Dio” (“yasaph, “accrescere, aggiungere”) [6] o “Jahvé voglia
aggiungere [altri figli a quelli già nati]” [7].
Attualizzandone liberamente il significato etimologico, possiamo dire che provvidenzialmente Dio
aggiunse la figura di Giuseppe nella storia della salvezza, nel contesto dell’incarnazione, come
“segno essenziale aggiunto” alla paterna azione divina per renderla concreta e percepibile
storicamente.
Analogamente, il fratello comboniano risulta essere un “segno essenziale aggiunto”
della paterna azione provvidente di Dio mediante il suo molteplice servizio, ma in comunione con
la missione del presbitero comboniano, il quale garantisce la paterna azione salvifica divina
mediante l’annuncio della Parola, la celebrazione dei sacramenti e la cura pastorale. Questo è il
contenuto che vorrei sviluppare nel corso di questa riflessione per mostrare la complementarità e la
reciprocità delle due pur distinte ed essenziali dimensioni della vocazione comboniana.
In primo luogo, richiamo brevemente i riferimenti nel Nuovo Testamento alla figura di Giuseppe
per comprenderne il significativo ruolo in ordine alla storia della salvezza. Aggiungo poi un
accenno al pensiero dei Padri della Chiesa.
a) Giuseppe nel Vangelo di Matteo
Nella genealogia di Matteo, che evidenzia la discendenza di Gesù dalla stirpe di Davide (cfr. Mt
1,2), Giuseppe viene menzionato come garante della discendenza davidica del figlio adottivo Gesù:
“Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo” (Mt 1,16).
Nella narrazione del concepimento e nascita di Gesù, Giuseppe ha un ruolo imprescindibile.
“Ecco
come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe,
prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo
sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto. Mentre però stava
pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: ‘Giuseppe,
figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei
viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo
popolo dai suoi peccati” (Mt 1,18-21).
Questo brano ha subito le più disparate interpretazioni. La più immediata, ma anche la più
superficiale, è che Giuseppe, vedendosi tradito da Maria, rimasta incinta da qualche altro, essendo
un uomo buono e non vendicativo, non volle accusare Maria, che secondo la legge doveva essere
lapidata pubblicamente, ma decise di licenziarla in segreto senza farne pubblicità. Questa
interpretazione sembra la più comune. Presento più avanti le varie interpretazioni da parte dei Padri
della Chiesa.
Secondo gli esegeti moderni, Giuseppe è dichiarato “giusto” perché constata, nell’evento della
gravidanza di Maria, la presenza di Dio, e quindi un intervento soprannaturale, per cui si ritira in
umiltà, non sentendosi all’altezza di cooperare con un mistero più grande di lui. Secondo il senso
che ha in Matteo, Giuseppe è dichiarato “giusto” perché accetta il piano di Dio che sconcerta il
proprio piano [8]. Il termine “giusto” “qualifica Giuseppe, che aveva deciso di separarsi da Maria
quando conobbe che aveva concepito per opera dello Spirito Santo. Tale decisione non era dettata
da un sospetto, come spesso si legge, ma esprimeva, invece, il ‘rispetto’ verso l’azione e la presenza
di Dio, tale da spiegare la fiducia che gli venne conseguentemente accordata per mezzo dell’angelo
di tenere con sé la sua sposa e di fare da padre a Gesù” [9].
Potremmo collegare il termine “giusto”
alla teologia della giustificazione di Paolo. Giuseppe è “giusto” perché “giustificato” (reso accetto e
capace) dalla grazia divina e, responsabilmente, dalla sua fede radicale nell’azione salvifica di Dio.
Dopo aver ricevuto il messaggio dell’angelo, che gli comunicava la volontà divina, Giuseppe
prontamente la esegue. “Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del
Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli
chiamò Gesù” (Mt 1,24-25). Alla notizia che Erode voleva eliminare il bambino, Giuseppe riceve
dall’angelo il messaggio di fuggire in Egitto e, nuovamente, egli obbedisce alla volontà divina.
“Giuseppe destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase
fino alla morte di Erode” (Mt 1,14-15). Giuseppe è menzionato anche nel viaggio di ritorno
dall’Egitto (cfr. Mt 1,19-20). In questi riferimenti è evidente la missione di Giuseppe come “custode
del Redentore”.
Non discuto qui la complessa questione storica dell’andata e ritorno dall’Egitto nel
testo di Matteo, che è un midrash (commento edificante) che illustra la vita di Gesù come una
riproduzione catechetica della vita di Mosè e del popolo eletto.
In Matteo, troviamo anche un accenno alla professione di Giuseppe. Meravigliata per la sapienza
che Gesù manifestava nelle sue parabole, la gente si chiedeva: “Da dove mai viene a costui questa
sapienza e questi miracoli? Non è egli il figlio del carpentiere (fabri filius)” (Mt 13,54-55)? Il
termine “carpentiere” (faber) traduce il termine greco tektón. Giuseppe non faceva i semplici lavori
di un falegname, ma “esercitava un mestiere con del materiale pesante che manteneva la durezza
anche durante la lavorazione, per esempio: legno, pietra, corno” [10].
Mc 6,3 parla di Gesù stesso come
carpentiere. “Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria”? Matteo reagisce al sarcasmo della gente
nell’applicare a Gesù stesso il termine poco nobile di carpentiere, e quindi cambia la frase
applicandolo a Giuseppe: “Non è egli il figlio del carpentiere (tektón)”? Luca elimina la menzione
dell’umile professione di Giuseppe forse perché essa sembrava inconveniente e dice in generale:
“Costui non è figlio di Giuseppe?” (Lc 4,22).
In sintesi, il lavoro di Giuseppe non si riduceva a umili lavori da falegname. Probabilmente era
impiegato in costruzioni commerciali con una buona retribuzione. La famiglia di Nazareth non era
povera, ma di medie possibilità economiche. “Ai tempi di Gesù in una simile situazione di operaio
‘si trattava di un onore di vita, decoroso ma modesto’, legato alle commissioni per l’incremento
edilizio, non sempre eseguito senza tassazioni gravose. Per mantenere il benessere della famiglia,
Giuseppe certamente cercò di aiutare Gesù nell’apprendere il tipo di lavoro da lui eseguito in una
certa dipendenza da ambienti eletti di falegnami e artigiani” [11].
[5] Cfr. https://it.aleteia.org/2019/03/19/cosa-significa-il-nome-giuseppe/
[6] Cfr. https://www.nomix.it/significato-nome/giuseppe.php
[7] H. OBERMAYER-K. PEIDEL-K. VOGT-G. ZIELER (edd.), ed. it. A. Minissale, Piccolo Dizionario Biblico, Edizioni Paoline 1973, 159. 2
[8] Per questa discussione esegetica, cfr. XAVIER LÉON-DUFOUR, Studi sul Vangelo, Milano: Edizioni Paoline 1968², 90-114.
Per una sintesi, cfr. B. MAGGIONI, Il racconto di Matteo, Assisi: Cittadella Editrice 1983, 25-26.
9https://it.wikipedia.org/wiki/San_Giuseppe
[10] M. STANZIONE, “San Giuseppe nel Nuovo Testamento”, in https://www.ilnuovoarengario.it/san-giuseppe-nel-nuovo
testamento/, a cui devo anche le seguenti considerazioni bibliche.
11 M. STANZIONE, “San Giuseppe nel Nuovo Testamento”.
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