ANNUS FIDEI - San Giuseppe prestò fede anche contro le apparenze-


Una piccola precisazione si impone, prima della pubblicazione del testo che segue: è ovvio che anche Giuseppe, al pari di Maria Santissima, fu "pellegrino nella fede".
Dovette cioè, anche lui e pur partendo da una situazione privilegiatissima (Sposo di Maria Vergine e Padre putativo di Gesù!), approfondire, far crescere questa virtù teologale, come fa ciascuno di noi.

Il brano di Ezio Cova, che segue fra poche righe, fa riferimento alla fede di Giuseppe nel Bambino Gesù che, ordinariamente, crebbe come un qualsiasi altro bambino e compì le quotidiane azioni di tutti i fanciulli del Suo tempo.
In questo senso va letto e meditato, ricordando che Giuseppe era pienamente consapevole di avere davanti il Figlio di Dio, Vero Dio e Vero Uomo, senza che questo togliesse nulla al "merito" della volontà del nostro Santo: la fede non è infatti solamente un sentimento, ma è un atto della volontà, con cui crediamo nella Verità rivelata.

Non si può tuttavia negare che, anche per il Santo Patriarca, vi furono dei momenti di apparente impossibilità a comprendere subito tutto il piano divino (basti pensare allo smarrimento di Gesù nel Tempio ed alla risposta "oscura" per Maria ed il Suo Sposo, che venne data dall'allora dodicenne Figlio di Dio).

In quelle situazioni, forse più che in altre, la fede di Giuseppe trovò nuovi stimoli per essere ribadita e per accrescersi: ribadire la propria consapevolezza di essere custode e padre putativo, nientemeno che di Dio fattoSi Uomo, Uomo a tal punto da vivere una vita esteriormente ordinaria, calata nei giochi di fanciullo, nel lavoro di adolescente, nella ricerca del pane quotidiano he coinvolge ogni essere umano.

In questo, Giuseppe ben può rappresentare ciascuno di noi, chiamati a credere che il Nostro Dio, il Nostro Salvatore, sia un Dio Onnipotente, che ha accettato -per amore!- di farSi piccolo, di sottostare alle leggi della natura che Egli stesso ha disposto, di farSi Creatura, Lui che è Creatore, di "nasconderSi" in un'Ostia bianca, inerme, indifesa, ma dentro cui si cela tutta la Pienezza della Divinità!

Buona lettura!

 




Dal libro "Giuseppe l'uomo giusto"  di Ezio Cova:

San Giuseppe con Bambino- Chiaravalle Centrale, Chiesa Matrice
San Giuseppe con Bambino- Chiesa Matrice, Chiaravalle Centrale
SAN GIUSEPPE PRESTO' FEDE ANCHE CONTRO LE APPARENZE

Ciò che dovette sorprendere maggiormente Giuseppe e porre un problema alla sua fede, fu l'apparenza normale e ordinata della vita e dello sviluppo del bambino Gesù.

I parenti ammirano sempre, con ragione, lo sviluppo della personalità dei loro figli.
L'ammirazione di Giuseppe e di Maria non mancava, ne abbiamo un'eco nella frase del Vangelo, un'eco dei ricordi della Vergine e del suo estasiarsi: "Il fanciullo cresceva e si fortificava, pieno di saggezza e la grazia di Dio era con lui".

Come Maria, Giuseppe ha osservato con gioia piena di ammirazione quei progressi del bambino, ha notato in special modo la grazia sovrannaturale di cui era ricolmo.
Tuttavia quello sviluppo si compiva nel segreto.
Esteriormente nulla lasciava presagire la missione di Salvatore che il Bambino avrebbe compiuto.

Noi sappiamo che niente apparentemente distingueva Gesù, tant'è vero che i suoi cugini rifiuteranno, all'inizio della vita pubblica, di credere nella sua missione: penseranno persino che abbia smarrito il senno, vorranno interrompere la sua predicazione per riportarlo a casa (Mc 3,21-31).
Non avevano dunque notato nulla in Gesù che lo predestinasse ad uscire dall'anonimo delle genti del villaggio.

Nè la superiorità della sua intelligenza, né la perfezione della sua santità, né la sua volontà di recare la salvezza agli uomini si erano rivelati a coloro che gli vivevano accanto.

La reazione degli abitanti di Nazareth alla predicazione di Gesù non sarà meno caratteristica.
Essi rimarranno stupefatti "innanzi alle parole piene di grazia uscenti dalla sua bocca" ed esclameranno: "Ma non è questi il figlio di Giuseppe"?! (Lc 4,22).
Sego che non avevano osservato in Gesù un indizio della sua autentica grandezza.

Prima da bambino, poi giovinetto, si era comportato in una maniera che sembrava banale e non attirava l'attenzione in alcun modo.
Se a cagione di quella condotta apparentemente comune i compaesani e i membri della famiglia di Gesù non gli hanno prestato fede, indovinaniamo che anche la fede di Giuseppe, di fronte allo spettacolo quotidiano della vita di Gesù dovesse facilitare la fede.

Ma la familiarità con qualcuno c'impedisce di scorgerne la grandezza.
E Gesù stesso farà allusione a questa difficoltà dichiarando: "In verità vi dico, nessun profeta è bene accetto in patria sua" (Lc 4.24)

Nella costante familiarità che aveva col bambino, Giuseppe dovette fare uno sforzo per continuare a credere nel suo avvenire, nella Sua grandezza sovrumana.
Nella casa di Nazareth, questa fede era forzatamente circondata di oscurità.
Giuseppe doveva credere che Gesù era di grandezza superiore a quella che pareva.
La sua fede doveva andare oltre la realtà familiare, oltre ciò che vedeva nell'intimità di tutti i giorni.

Orbene, Giuseppe non venne mai meno a questa fede.
Credette con tutto l'animo suo al destino del bambino sin dall'istante in cui l'angelo glielo predisse.
Questa fede, attraverso ogni circostanza non cessò mai di fortificarsi e di svilupparsi, in un unione con quella di Maria.
Nell'ombra di Nazareth, l'ardore di quella fede cresceva come cresceva Gesù medesimo.
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