CONTEMPLANDO SAN GIUSEPPE
Dal libro "Una via semplice e bella- Il Cuore di Cristo e l'orazione", di Ottavio de Bertolis. S.J.:
"Viviamo in tempi nei quali la figura maschile è piuttosto scolorita, e sarebbe importante riflettere su che cosa significhi essere uomini, e in particolare padri, nelle condizioni di oggi.
Credo che i problemi che i padri patiscano oggi siano essenzialmente di due tipi, e quasi contrapposti: l'assenza o, per così dire, la sovrappresenza.
Con il termine di assenza intendo riferirmi non solo al fatto che il padre può essere assente quando la famiglia è divisa con il divorzio, ma anche, quando il padre, meno drammaticamente, è di fatto assente da casa, costretto dai ritmi di lavoro o dalle distanze da percorrere: così molti mariti e padri arrivano a casa alle otto di sera, stanchi e incapaci di relazioni piene con i loro familiari.
In questo contesto, anche il figlio rimane praticamente senza padre, riducendosi la possibilità stessa di vederlo a due ore al giorno, e in condizioni certo non ottime.
Se aggiungiamo il rintanarsi dei figli davanti al computer o alla play station, oppure il rinserrarsi della famiglia di fronte alla TV, e moltiplichiamo questo per tutti i giorni dell'anno e per molti anni, si capirà la pratica assenza della figura paterna dalla vita dei figli.
L'assenza comporta inoltre facilmente, per una specie di senso di colpa del padre, specie in caso di divorzio, il suo acconsentire alle richieste del figlio, qualunque esse siano: viene così a mancare la funzione psicologicamente propria del padre, quella cioè del divieto, che instaura nel figlio la capacità di relazione e di regolazione.
Se non ci sono mai, questo è il ragionamento, non posso anche dire di no: che padre sarei?
Sembra paradossale, ma è possibile anche il contrario: il figlio diventa lo specchio delle frusrazioni del padre: mio figlio deve avere tutto quel che non ho avuto io.
Il padre (può accadere anche per la madre) si fa coì iperpresente, vincola il figlio alle proprie scelte, lo soffoca, lo telecomanda.
Qui il figlio non ha mai un sì liberante a quel che lui vuole, non impara a scegliere, dunque a crescere.
Il padre dell'Antico Testamento, quello che le pagine della Scrittura lodano e al quale possiamo avvicinare la figura di Giuseppe, è uno che non fa mancare il divieto ai figli: e questo non è un modello culturale sorpassato, ma risponde ad una profonda evidenza psicologica dei bambini, che non possono ancora introiettare il perché dei divieti, e possono solo riceverli come tali.
Ma il divieto fonda l'esperienza del limite, e dunque dell'altro da rispettare, e del limite di sé da non pretendere: il divieto fonda la relazione con sé e con gli altri, e dunque è la radice del senso vero della libertà, della quale non a caso si dice che termina dove inizia quella altrui.
Al tempo stesso, non è un padre-padrone, che fa fare al figlio ciò che lui non sa: piuttosto, lo conduce in un processo, molto lungo, di approfondimento e interiorizzazione dei perché.
E per questo non può che essere presente quotidianamente, discretamente, ma significativamente.
Essere padre significa avere cura dei figli, perché il rapporto padre-figlio non è biologico (guarda caso, proprio come nel caso di San Giuseppe), ma culturale, nel senso ampio che viene attribuito a questa parola.
Insomma, diventiamo padri in molti anni, anche se per essere genitori bastano pochi secondi.
Ed ecco perché nella Chiesa vengono chiamati "padre" gente che non è genitore o papà.
Contemplare la pternità di San Giuseppe non vuol quindi dire fuggire in pie favole, o illusioni devote, ma cercare di capire il ruolo di questo nostro grande amico, particolarmente vicino a noi uomini nella sua veste di marito e di padre, capace di costruier una relazione, con sua moglie (Maria fu veramente sua moglie, perché il matrimonio è basato sul consenso, non sull'unione) e suo figlio (proprio come un uomo può essere veramente padre di un ragazzo senza esserne il papà) in mezzo alle difficoltà della vita, che sembrano spingere noi uomini a tirarci indietro da questa sfida.
La pigrizia, la stanchezza, modelli di vita praticamente contrari a tutto questo, giocano una parte importante nel remare contro questa possibilità, che del resto è quella della più grande gioia della nostra esistenza.
Guardare San Giuseppe, il nostro modello, è una fonte di riflessione, il pregarlo è un sicuro aiuto".
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