Le parole di Papa Paolo VI suonano attuali, oggi, come in quel 19 marzo 1975.
La legalità non è sufficiente a tutelare la "moralità", la famiglia è in pericolo...
San Giuseppe, con il suo esempio di amore che sa spingersi fino al proposito della rinuncia per non essere di ostacolo alla straordinaria unione di Maria con Dio, invita noi cattolici a non perdere il coraggio e la determinazione nel difendere la "famiglia cristiana" che sappia educare i figli ad elevare la carne allo spirito e non il contrario!
Buona lettura!
SOLENNITÀ DI SAN GIUSEPPE
OMELIA DEL SANTO
PADRE PAOLO VI
19 marzo 1975
Onoriamo San Giuseppe, «lo sposo di
Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo» (Matth. 1, 16).
Noi
oggi lo onoreremo come colui che Iddio scelse per dare al Verbo di Dio, che si
fa uomo, il nido, la genealogia storica, la casa, l'ambiente sociale, la
professione, il custode, la parentela, in una parola, la famiglia, questa
cellula primaria della società, comunità d'amore, liberamente costituita,
indivisibile, esclusiva, perpetua, mediante la quale l'uomo e la donna si
rivelano reciprocamente complementari, e destinati a trasmettere il dono
naturale e divino della vita ad altri esseri umani, i loro figli.
Gesù, Figlio
di Dio, ha avuto una sua famiglia umana, per cui apparve e fu insieme Figlio
dell'uomo; e con questa sua scelta ratificò, canonizzò, santificò questo
nostro comune istituto generatore dell'esistenza umana, sopra il quale la nostra
preghiera e la nostra meditazione antepone oggi la pia, la silenziosa, la
esemplare figura di San Giuseppe.
Veramente noi dobbiamo fare subito
un'osservazione fondamentale sopra questo Santo personaggio, destinato a fungere
da padre legale, non naturale, di Gesù, la cui generazione umana avvenne in
modo singolarissimo, prodigioso, per opera dello Spirito Santo, nel seno di
Maria, la Vergine Madre di Dio, Gesù suo vero figlio, e solo ufficialmente,
com'era creduto (Luc. 3, 33; Marc. 6, 3; Matth. 13, 55), «figlio
del fabbro», Giuseppe.
Qui si aprirebbe alla nostra considerazione la storia
personale di lui, il suo dramma sentimentale, il suo «romanzo», che rasentò
il crollo del suo amore, che con intuito privilegiato aveva scelto Maria, la «piena
di grazia», cioè la più bella, la più amabile fra tutte le donne, come sua
futura sposa, quando seppe ch'ella non era più sua; ella stava per diventare
madre; ed egli ch'era uomo buono, «giusto» lo dice il Vangelo, capace cioè di
sacrificare il suo amore all'ignoto destino della fidanzata, pensava di
lasciarla senza fare clamore, sacrificando ciò che aveva di più caro nella
vita, il suo amore per l'incomparabile Fanciulla.
Ma Giuseppe, anche lui, sebbene umile
artigiano, era un privilegiato; aveva il carisma dei sogni rivelatori; ed uno,
il primo registrato nel Vangelo, fu questo: «Giuseppe figlio di David, non abbi
timore ad accogliere Maria come tua consorte, poiché quello che è nato in lei
è opera dello Spirito Santo.
Darà alla luce un figlio, e tu gli metterai nome
Gesù; poiché Egli salverà il suo popolo dai loro peccati» (Matth. 1,
20-21); cioè sarà il Salvatore, sarà il Messia, «l'Emmanuele, che vuol dire
il Dio con noi» (Ibid. 23).
Giuseppe obbedì: felice, ed insieme
generoso nel sacrificio umano che gli era chiesto.
Egli sarà padre del
nascituro non carne, sed caritate, scrive Sant'Agostino (S. AUGUSTINI Serm.
52, 20; PL 38, 351); marito, custode, testimonio, della immacolata
verginità e insieme della divina maternità di Maria (Cfr. IDEM Serm.
225; PL 38, 1096).
Situazione unica, miracolosa, che mette in evidenza la
santità personale non solo della Madonna, ma insieme quella del modesto, ma
sublime suo sposo, Giuseppe, il Santo che la Chiesa presenta, pur durante il
tirocinio quaresimale, alla nostra festosa venerazione.
Ed eccoci allora davanti
alla «sacra Famiglia»!
Sì, care, carissime Famiglie cristiane,
da noi oggi convocate a questa celebrazione, lieti di vedere che molti
Pellegrini e Fedeli vi fanno corona.
Sì, noi dobbiamo esprimere con fervore
nuovo, con coscienza nuova il nostro culto a questo quadro, che il Vangelo ci
pone davanti: Giuseppe, con Maria, e Gesù, bimbo, fanciullo, giovane con loro.
Il quadro è tipico. Ogni Famiglia vi può essere rispecchiata.
L'amore
domestico, il più completo, il più bello secondo natura, irradia dall'umile
scena evangelica, e subito si effonde in una luce nuova ed abbagliante: l'amore
acquista splendore soprannaturale.
La scena si trasforma: Cristo vi ha il
sopravvento; le figure umane che gli sono vicine assumono la rappresentanza
dell'umanità nuova, la Chiesa; Cristo è lo Sposo; Sposa è la Chiesa; il
quadro del tempo si apre sul mistero dell'oltre-tempo; la storia del mondo si fa
apocalittica, escatologica; beato chi ne sa fin d'ora intravedere la luce
vivificante; la vita presente si trasfigura in quella futura ed eterna: la
nostra casa, la nostra famiglia si farà paradiso.
Figli carissimi, ascoltateci. Accogliere
come programma la vita cristiana diventa oggi un esercizio forte.
L'abitudine
tradizionale delle nostre case, ordinate, semplici ed austere, buone e felici,
non regge più da se stessa.
Il costume pubblico presidio delle virtù
domestiche e sociali, è in via di mutamento, e, sotto certi aspetti, in via di
dissoluzione.
La legalità sembra, e non sempre è sufficiente alle esigenze
della moralità.
La famiglia è messa in discussione nelle sue leggi
fondamentali: l'unità, l'esclusività, la perennità.
Tocca a voi, Sposi
cristiani; a voi, Famiglie benedette dal carisma sacramentale; a voi, fedeli
d'una religione che ha nell'amore, nel vero amore evangelico la sua espressione
più alta e più sacra, più generosa e più felice, a voi riscoprire la vostra
vocazione e la vostra fortuna; a voi preservare il carattere incomparabilmente
umano e spontaneamente religioso della famiglia cristiana; a voi rigenerare nei
vostri figli e nella società il senso dello spirito che solleva al suo livello
la carne.
San Giuseppe vi insegni come.
Noi oggi a tal fine insieme lo
invocheremo.
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