Fra le tante famiglie religiose che si ispirano alla figura di San Giuseppe, vi è quella dei "Murialdini", noti anche come "Congregazione di San Giuseppe - Giuseppini del Murialdo".
Venne fondata da san Leonardo Murialdo, santo torinese dell'epoca dei grandi Santi, come Giovanni Bosco e Giuseppe Cafasso.
Il Murialdo fondò la sua congregazione - inizialmente in forma laicale - per sovvenire alle necessità dei giovani poveri e abbandonati; diede poi origine all' Unione operai cattolici e all'Associazione della Buona stampa.
Vi proponiamo un testo interessante sulla figura di San Giuseppe, tratto dal sito ufficiale della "Famiglia del Murialdo".
E' uno scritto che offre interessanti spunti di riflessione ben "riadattabili" a ciascuno di noi: come ci poniamo in rapporto a Dio?
Siamo capaci di accogliere la Sua azione nella nostra vita, facendoci quindi operatori non sempre e non per forza attivi, ma anche "passivi"...?
Riusciamo a divenire, come san Giuseppe, "attivamente contemplativi" nell' istante del quotidiano?
Buona lettura e buona meditazione!
SAN GIUSEPPE HA DETTO " SI' "
Come lo conosciamo dai Vangeli, Giuseppe è stato una persona che ha detto sempre “sì” a Dio.
Sappiamo anche che, sempre nei Vangeli, di lui si parla poco.
E che lui parla ancora meno, anzi non dice neppure una parola.
Le uniche due occasioni in cui si parla di lui sono quella in cui Gesù diventa uomo,
entra nel mondo umano e nella storia della salvezza d’Israele (la sua
nascita, tutto ciò che la prepara, la presentazione al tempio) e quella in cui Gesù si fa adulto ed entra nel mondo sociale del tempo (il ritrovamento di lui nel tempio).
Dunque se si parla di Giuseppe lo si fa in stretto riferimento a Gesù, perché egli è in funzione di Gesù.
Per
ognuna di queste occasioni ci sarebbero tante cose che potrebbero
attrarre la nostra attenzione.
Basta una frase, quella con cui Matteo dà
il primo tocco di pennello e ci presenta Giuseppe per la prima volta
nel suo Vangelo: «…Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù».
Dopo
un lungo elenco di antenati che parte da Abramo arriviamo a Giuseppe.
La catena qui si interrompe, se osserviamo bene; Gesù sembra non avere a
che fare con Giuseppe e con tutti quelli che l’hanno preceduto perché
Egli nasce da Maria. Giuseppe c’entra con Gesù solo perché è lo sposo di sua madre.
Ecco: il lungo elenco degli uomini che trasmettono la vita (di ciascuno si dice: «generò»)
si ferma con Giuseppe e Giuseppe sembra poter essere il padre di Gesù
solo perché… non lo è, cioè perché accetta di ricevere Qualcuno di cui
il soggetto del generò è un Altro da lui.
Questo
mistero della vita di Giuseppe è luce per il mistero della nostra
avventura di esseri umani, perché è indicazione del primo passo che
anche a noi permette di entrare nella famiglia di Gesù, quella di cui
parlerà Egli stesso dicendo «Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?».
Del resto, se a prima vista sembra che sia Gesù ad entrare nella
famiglia di Davide, è meglio detto che è la famiglia di Abramo e Davide,
attraverso Giuseppe, che si unisce alla piccola famigliola di Maria che
porta Gesù in sé nato per opera dello Spirito Santo.
Il primo passo per entrare in questa famiglia in cui è lo Spirito che genera è dunque, semplicemente, quello di… non fare nulla!
Sì, proprio così: in tutti quei generò
dell’elenco di Matteo c’è la traccia dell’agire dell’uomo che si dà da
fare, e briga e costruisce; sente, pensa, valuta, pianifica, decide ed
agisce.
Tutto questo fare è percorso, e lo vediamo in tutto quel lungo
elenco di antenati, da debolezze e piccoli o grandi peccati. Ma arrivati
a Giuseppe, sentiamo di lui che si ferma.
Come già la sua sposa prima, Giuseppe e Maria, interrompono la catena dell’azione umana, quella in cui l’uomo è – potremmo dire – attivamente attivo, per inaugurare quella dell’accoglienza dell’azione divina, quella in cui l’uomo è attivamente passivo.
«…Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù»:
in questi pochi tratti di penna possiamo ammirare ciò che è il segreto
della vita divina rispetto a noi uomini, l’unico modo perché Dio generi e
sia generato.
La sua vita, per espandersi in noi ha bisogno
principalmente di una cosa: di noi che attivamente contemplativi, ci
accorgiamo, mentre trascorrono gli istanti e le occasioni
dell’esistenza, che è il Signore quello che sta passando accanto a noi
in questo momento e che è Lui che ha in mente qualcosa da fare, è Lui
che ci sta scoprendo qualche suo progetto.
Giuseppe è quel Giuseppe che conosciamo perché è lo sposo di Maria, la quale a sua volta è la madre di Gesù.
L’uno nell’altra e l’altra in sé stessa sono spettatori attenti di Dio
che passa.
Da questo fermarsi interiore, da questa rinuncia a lasciarsi
prendere da tante ansie che ha il suo risvolto pratico nel tempo di
preghiera – tempo in cui è Dio che agisce mentre noi zittiamo e freniamo
tutte le scorribande che abitano la nostra mente – questo fermarsi
dunque è il terreno coltivato e preparato che rende possibile al seme
gettato in noi di germogliare, perché fiorisce e ci fa pronunciare
quella parola, «Sì!», che è, agli occhi di Dio, il più bel frutto della nostra libertà.
Giuseppe ha accostato Gesù attraverso Maria, e ne è stato educatore e padre.
S.Leonardo
Murialdo ha scelto Giuseppe come modello per la congregazione di
religiosi da lui fondata perché, grazie all'intervento di Maria,
mediatrice di ogni grazia, accolgano il Signore nei più piccoli dei loro
fratelli.
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