MAGISTERO DELLA CHIESA - omelia di Paolo VI - 1 maggio 1969


Nell'omelia della Santa Messa durante il Concistoro del 1969, il beato Paolo VI si soffermò sulla figura di san Giuseppe, data la circostanza concomitante della festa in cui lo si invoca con il titolo di "lavoratore".
Fu quella l'occasione per riflettere sull'umile condizione di Gesù, che volle farSi povero, nascendo quale "figlio del fabbro".
Uno "scandalo" - secondo le parole del Papa - che anticipava quello della Croce, ma che ancora oggi la Chiesa contempla con "ammirazione" ed "estasi".

Proviamo ad immaginare, allora, quali sentimenti di meraviglia e di gratitudine avranno ricolmato l'animo di Giuseppe: Dio si era fatto Bambino tra le sue braccia, nella sua casa, sotto la sua custodia!
Imitiamolo in questo suo sentire: Dio viene nelle nostre povere vite - sempre! - e ci chiede solo di accoglierLo!
Che lo "scandalo" di un Cristo che Si fa sempre presente nell'umiltà non diventi per noi un "rimprovero" quando rifiutiamo di farGli spazio nelle nostre esistenze.


STRALCI DALL'OMELIA DI PAOLO VI
durante il Concistoro
1 maggio 1969


[...] S. Giuseppe, lo Sposo vergine di Maria sempre Vergine, il Patrono della Chiesa universale, che veneriamo nell’aspetto umile, inappariscente, povero dell’operio di Galilea, sostegno valido e instancabile della sacra Famiglia, immagine luminosa e discreta della provvidenza del Padre Celeste.
Il pensiero, a questo richiamo così suggestivo e suadente, va spontaneamente alla storia evangelica, inquadrata nell’umile scena di Nazareth, ove il Figlio di Dio viveva sottomesso, crescendo in sapienza, età e grazia (Luc. 2, 51); il pensiero va alla condizione sociale, in cui Cristo volle essere cittadino della terra e fratello nostro, in aperto contrasto con la mentalità corrente, con le nostre pretese insoddisfatte, con la umana volontà di potenza: tanto che, come ha sottolineato il testo evangelico di questa Messa, i concittadini «meravigliati si chiedevano: "Di dove gli vengono questa sapienza e i miracoli? Non è costui il figlio del falegname? Sua madre non si chiama Maria?... Da dove, dunque, gli viene tutto questo?". Ed erano scandalizzati di lui» (Matth. 13, 54-56). 

Filius fabri: lo scandalo di allora, presagio e preludio dello scandalo della Croce (cfr. Gal. 5, 11), è divenuto per la Chiesa fonte inesausta di ammirazione e di estasi, di preghiera e di contemplazione, di esame di coscienza e anche, talora, di rimprovero. Ma la Chiesa, e con essa i suoi santi e le sue istituzioni, gli umili e i sofferenti, i fedeli eredi dei «Poveri di Jahvé» dell’Antico Testamento, è rimasta ed è fedele a questo Vangelo testuale; essa ne fa oggetto della sua continua meditazione; e dal Vangelo della povertà e dell’abbassamento di Cristo trae la sua tradizione, la sua liturgia, le sue opere caritative, che svolgono, approfondiscono, amplificano gli elementi semifinali dell’origine evangelica, senza alterarli, senza corromperli, senza mutarli, ma portandoli a pieno compimento, e onorandoli con suo amoroso rispetto, come l’albero è il pieno compimento del seme.
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