NOVENA A SAN GIUSEPPE - nono giorno - I rapporti tra Giuseppe e Gesù





NOVENA A SAN GIUSEPPE

O Dio onnipotente, 
che hai voluto affidare 

gli inizi della nostra redenzione 
alla custodia premurosa di san Giuseppe, 
per sua intercessione 
concedi alla tua Chiesa 
di cooperare fedelmente 
al compimento dell'opera di salvezza.

AMEN





IL RAPPORTO TRA GIUSEPPE E GESU'
(Dal sito San Jose Maria Escriva)
 
 
La vita di Gesù fu per Giuseppe una continua scoperta della propria vocazione. 
Quando giunge il momento di presentare il Bambino al tempio, Giuseppe, che porta la povera offerta di un paio di tortore, ascolta Simeone e Anna che proclamano che Gesù è il Messia. Suo padre e sua madre — ci narra san Luca — si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Più tardi, quando il Bambino rimane nel tempio senza che Maria e Giuseppe se ne avvedano, ritrovandolo dopo tre giorni, essi — è sempre Luca che narra — restarono meravigliati.
Giuseppe resta sorpreso, si meraviglia. Dio gli ha rivelato i suoi piani ed egli cerca di capirli.
Come ogni anima che vuole seguire Gesù da vicino, egli scopre subito che non è possibile
camminare con passo stanco, che non si possono far le cose per abitudine. Dio, infatti, non
accetta che ci si stabilizzi a un certo livello, che ci si adagi sulle posizioni raggiunte. Dio esige costantemente di più, e le sue vie non sono le nostre vie terrene. San Giuseppe, meglio di chiunque altro prima o dopo di lui, ha imparato da Gesù a essere pronto a riconoscere le meraviglie di Dio, a tenere aperti l'anima e il cuore.

Ma se Giuseppe ha appreso da Gesù a vivere in modo divino, oserei dire che, nell'umano, egli
ha insegnato cose al Figlio di Dio. C'è qualcosa che non mi soddisfa nel titolo di padre putativo
con cui sovente si designa Giuseppe, perché induce a pensare che i rapporti tra Giuseppe e
Gesù fossero freddi ed esteriori. È vero che la nostra fede ci insegna che non era padre
secondo la carne, ma non è questa l'unica paternità.
A Giuseppe — leggiamo in sant'Agostino — non solo si deve il nome di padre, ma anzi, gli si deve più che a nessun altro. E come era padre? Tanto più profondamente fu padre quanto più casta fu la sua paternità. 
Alcuni pensavano che fosse padre del Signore nostro Gesù Cristo allo stesso modo che sono padri coloro che generano secondo la carne e che non ricevono i loro figli soltanto come frutto di un legame spirituale. 
Per questo Luca dice: « Era figlio, come si credeva, di Giuseppe ». Perché dice "come si credeva"? Perché il pensiero e il giudizio umani si riferiscono a quel che suole accadere tra gli uomini. E il Signore non nacque dal seme di Giuseppe. Tuttavia, dalla Vergine Maria nacque un figlio alla carità e alla pietà di Giuseppe: ed era il Figlio di Dio.
Giuseppe amò Gesù come un padre ama suo figlio e gli si dedicò dandogli il meglio che poteva.
Giuseppe, prendendo cura di quel Bambino che gli era stato affidato, fece di Gesù un artigiano: gli trasmise il suo mestiere. Gli abitanti di Nazaret parleranno pertanto di Gesù chiamandolo a volte l'artigiano, altre volte il figlio dell'artigiano23. Gesù lavorò nella bottega di Giuseppe e accanto a Giuseppe. Quali saranno state le doti di Giuseppe, come avrà operato in lui la grazia, da renderlo capace di portare a termine la maturazione umana del Figlio di Dio? Perché Gesù dovette rassomigliargli in molti aspetti: nel modo di lavorare, nei lineamenti del suo carattere, nell'accento. Il realismo di Gesù, il suo spirito di osservazione, il modo di sedere a mensa e spezzare il pane, il gusto per il discorso concreto, prendendo spunto dalle cose della vita ordinaria: tutto ciò è il riflesso dell'infanzia e della giovinezza di Gesù, e quindi pure il riflesso della dimestichezza con Giuseppe.
Non è possibile negare la grandezza del mistero: questo Gesù, che è uomo, che parla con l'inflessione di una determinata regione di Israele, che assomiglia a un artigiano di nome Giuseppe, costui è il Figlio di Dio. E chi può insegnare qualcosa a chi è Dio? Ma Gesù è realmente uomo e vive normalmente: prima come bambino, poi come ragazzo che comincia a dare una mano nella bottega di Giuseppe, finalmente come uomo maturo, nella pienezza dell'età. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Giuseppe è stato, nell'ordine naturale, maestro di Gesù: ha avuto con Lui rapporti quotidiani delicati e affettuosi, e se n'è preso cura con lieta abnegazione. Tutto ciò non è forse un buon motivo per considerare questo uomo giusto, questo santo Patriarca, in cui culmina la fede dell'Antica Alleanza, come Maestro di vita interiore? La vita interiore non è altro che il rapporto assiduo e intimo con Cristo, allo scopo di identificarci con Lui. E Giuseppe saprà dirci molte cose di Gesù. Pertanto, non tralasciate mai di frequentarlo: Andate da Giuseppe, raccomanda la tradizione cristiana con una frase dell'Antico Testamento.
Maestro di vita interiore, lavoratore impegnato nel dovere quotidiano, servitore fedele di Dio in continuo rapporto con Gesù: questo è Giuseppe. Andate da Giuseppe. Da Giuseppe il cristiano impara che cosa significa essere di Dio ed essere pienamente inserito tra gli uomini,
santificando il mondo. Frequentate Giuseppe e incontrerete Gesù. Frequentate Giuseppe e
incontrerete Maria, che riempi sempre di pace la bottega di Nazaret.


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