UNA PRESENZA ESILE E DISCRETA

(Gianfranco Ravasi, Giuseppe. Il Padre di Gesù, San Paolo 2014, pp. 7-8; 10-11)

La figura di Giuseppe è soprattutto legata all'evento della nascita di Cristo e ai primi anni della sua esistenza terrena. Il suo è un nome chiaramente ebraico e significa "Dio aggiunta!" o "che egli raduni!". È un nome portato da altri dieci personaggi biblici, tra i quali il più celebre è quel figlio di Giacobbe e di Rachele che fece fortuna in Egitto, divenendo da schiavo viceré. Gli altri nove Giuseppe biblici – oltre a Giuseppe l'"egiziano" e al padre legale di Gesù – sono figure più sbiadite o secondarie.
[...]
La presenza del nostro Giuseppe, il padre legale e non naturale di Gesù, in realtà nei vangeli è piuttosto ridotta: egli affiora nella genealogia di Cristo, appare come il promesso sposo di Maria (Luca 1,27), sarà menzionato durante la nascita di Gesù a Betlemme (Luca 2, 4-5), farà qualche altra fugace apparizione nei primi giorni del neonato, acquisterà rilievo durante la vicenda di clandestino e migrante in Egitto con la sua famiglia, riemergerà dal silenzio una dozzina d'anni dopo, quando occhieggerà nelle parole di sua moglie, Maria, in occasione della "fuga" del figlio dodicenne nel tempio di Gerusalemme tra i dottori della Legge Luca 2, 48): «Tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo»), e sarà ricordato con sarcasmo dai suoi concittadini di Nazaret, quando di fronte ai successi del figlio essi ironizzeranno: «ma costui non è il figliodi Giuseppe [...], il figlio del falegname?» (cfr. Luca 4, 22; Matteo 13,55). Ci sono, però, due scene – le uniche – nelle quali Giuseppe è protagonista. Appartengono al vangelo di Matteo e riguardano la nascita e l'infanzia di Cristo.
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