SAN GIUSEPPE MODELLO PER I SACERDOTI - Prima parte


(Tarcisio Stramare, in La Santa Crociata in onore di San Giuseppe, snt)

La decisione presa il 13 novembre 1962 dal Beato Giovanni XXIII si introdurre il nome di san Giuseppe nel Canone della Messa non fu un semplice atto di devozione personale, come si potrebbe dedurre dal disatteso suo inserimento in tutti i Canoni, ma fu la desiderata risposta ad annose successive petizioni, la prima delle quali risaliva già al 1815. Tra gli argomenti che, in occasione del "postulatum" del 1866, vennero addotti a favore, possiamo citare quello del p. Francesco M. Cirino, canonico regolare e consultore della S. Congregazione dei Riti. Detto padre mette in evidenza la partecipazione di san Giuseppe alla vita dello stesso Sommo Sacerdote e vittima, per dedurne essere "assolutamente degno che Infra Actionem, nella quale si realizza la S. Eucaristia, il nome di Giuseppe non sia taciuto, avendo egli per più anni sudato e preso freddo notte e giorno nella coltivazione di questo Frumento degli eletti".
San Giuseppe e l'Eucaristia
Il rapporto tra san Giuseppe e l'Eucaristia non era nuovo nella teologia giuseppina, dedotto dall'analoga funzione di nutritori dell'umanità che ebbero nella storia della salvezza sia l'antico Giuseppe sia il padre putativo di Gesù. Leggiamo in san Bernardo: "Quello conservò il frumento non per sé, ma per tutto il popolo; questi ricevette dal Cielo il pane vivo per conservarlo sia per sé sia per tutto il mondo".  
S. Bernardino da Siena riprendeva questa analogia dei due Giuseppe, affermando la superiorità del padre di Gesù, "perché egli non ha solo procurato agli egiziani il pane della vita corporale, ma aha procurato con molta sagacia a tutti gli eletti il pane dal cielo, che sostenta la vita celeste". Infine, il beato Pio IX accolse autorevolmente tale accomodazione biblica nel decreto Quemadmodum Deus (8 dic. 1870), insegnando che san Giuseppe "nutrì colui che i fedeli dovevano mangiare come Pane della vita eterna". L'assunto del p. Cirino circa il rapporto di san Giuseppe col sacrificio eucaristico trova un'ulterriore giustificazione nel ruolo avuto dal Santo, durante la vita di Gesù, in occasione della circoncisione e presentazione del Bambino al tempio, riti nei quali san Giuseppe, "benché non fosse sacerdote, tuttavia ne esercitò in qualche modo gli uffici verso il santissimo corpo del bambino Gesù". Già nel rito della circoncisione, infatti, "il Signore Gesù diede al mondo, per le mani di Giuseppe, le primizie di quel santissimo sangue che doveva effondere in remissione dei peccati, ed egli le offrì all'inizio devotissimamente a Dio Padre in oblazione pura e ostia gradita".
Nel rito della presentazione di Gesù al tempio, tuttavia, la funzione di san Giuseppe appare più esplicitamente. Dopo aver notato che il testo evangelico non introduce alcuna differenza tra Maria e Giuseppe, lo stesso consultore sostiene che il ruolo più importante fu quello di Giuseppe: "Va da sé che in questo adempimento legale la parte pià importante sia toccata, come padre, a san Giuseppe; e perciò egli stesso con le sue mani,m proprio lui, pienamente consapevole dei misteri, non solo in modo cerimoniale, ma con tutta la forza dell'animo, presentò il bambino Gesù, vera vittima dell'olocausto, sacrificio salvifico di Giuda e di Gerusalemme, che doveva essere consumato sull'altare della croce, proprio Giuseppe lo offrì e consacrò a Dio Padre sull'altare del tempio". Anche il beato Giovanni XXIII tra i pensieri ed elevazioni da lui proposti per la recita del S. Rosario, riferendosi al mistero della presentazione di Gesù al tempio, considera come "presente e presentatore anche lui, Giuseppe, che partecipa del pari ai riti delle offerte legali che sono di prescrizione".
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