GIUSEPPE, UOMO E CUSTODE TESTIMONE GENEROSO DI PATERNITÀ E DI MISTERO


(Salvatore Mazza, in Avvenire, 23 dicembre 3017)


È difficile pensare a un Santo meno compreso di san Giuseppe. Gli stessi Testi Sacri ne parlano poco, anzi pochissimo, e perfino l'arte classica lo ha sempre o quasi sempre relegato in un secondo piano che la dice lunga su quanto, appunto, sia una figura difficile da comprendere. Eppure il padre putativo del Figlio di Dio «è sommo esempio di uomo che nulla prende per se stesso», come ha ricordato papa Francesco, e ci insegna «come camminare nel buio, come si ascolta la voce di Dio, come si va avanti in silenzio».
C'è un ricchissimo magistero a questo riguardo, che parte da Giovanni XXIII per arrivare, attraverso papa Montini, alla indimenticabile esortazione apostolica che Giovanni Paolo II dedicò nel 1989 alla figura e alla missione di san Giuseppe nella vita di Cristo e della Chiesa: quella Redemptoris custos che resta uno degli scritti più profondi e importanti sullo sposo di Maria, secondo una definizione di Benedetto XVI, per il quale «Giuseppe è, nella storia, l'uomo che ha dato a Dio la più grande prova di fiducia, anche davanti a un annuncio così stupefacente».
E come dar torto a papa Ratzinger? Ti vengono a dire che tua moglie e vergine, è incinta di Spirito Santo, e tu comunque ne sei responsabile... abbastanza da scoraggiare chiunque, o no? Del tutto comprensibile la prima reazione di ribellione a tutto questo di cui ci parla il Vangelo di Matteo. Così come sono comprensibili i «dubbi» di Giuseppe, ha osservato Francesco, «il suo dolore e la sua sofferenza» mentre «cominciano a serpeggiare le chiacchiere del paese».
Portandoci dentro la testa di san Giuseppe, nella sua psicologia, dando voce a tutti quei pensieri che per secoli hanno accompagnato la comprensione di quella figura, papa Bergoglio ci ha condotto con il suo stile nella profondità di quel mistero. Perché, è vero, Giuseppe «non capì», ma è certo che sua moglie è «una donna di Dio», perciò decide «di lasciarla in silenzio». Non la accusa «pubblicamente». E quando «intervenne il Signore» con un Angelo che, in sogno, gli dice come il bambino «generato in lei» provenga «dallo Spirito Santo», egli non ha dubbi: «Credette e obbedì».
Solo questo. Credette e obbedì. La voce di Dio è abbastanza, non gli serve altro: «Alzati! – prendi Maria, portala a casa tua. Fatti carico della situazione: prendi in mano questa situazione, e vai avanti». San Giuseppe, ha aggiunto Francesco, non cerca gli amici per sfogarsi e chiedere suggerimenti, non va «dallo psichiatra perché interpretasse il sogno… no: credette. È andato avanti. Ha preso in mano la situazione». Ma che cosa «doveva prendere in mano, Giuseppe? Qual era la situazione? Di quale cosa Giuseppe doveva farsi carico? Di due cose. Della paternità e del mistero».
E così, ha concluso papa Francesco, di quest'uomo «che si è fatto carico della paternità e del mistero, si dice che era l'ombra del Padre: l'ombra di Dio Padre. E se Gesù uomo ha imparato a dire “papà”, “padre”, al suo Padre che conosceva come Dio, lo ha imparato dalla vita, dalla testimonianza di Giuseppe: l'uomo che custodisce, l'uomo che fa crescere, l'uomo che porta avanti ogni paternità e ogni mistero, ma non prende nulla per sé». E noi, in questo Natale, con papa Benedetto preghiamo per lasciarci «“contagiare” dal silenzio di san Giuseppe! Ne abbiamo tanto bisogno, in un mondo spesso troppo rumoroso, che non favorisce il raccoglimento e l'ascolto della voce di Dio. In questo tempo coltiviamo il raccoglimento interiore, per accogliere e custodire Gesù nella nostra vita».
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