LA FEDE DI GIUSEPPE (2)


(Manuel Nin, in L'Osservatore romano, 29 dicembre 2016)

 
L’ufficiatura bizantina celebra san Giuseppe, lo sposo della Madre di Dio, la domenica precedente il Natale e in quella successiva. Diversi testi e la stessa icona della festa di Natale ne presentano la figura sotto diversi aspetti, ma in modo speciale come uomo della confessione di fede, che è quella della Chiesa.
Giuseppe è la figura umile e discreta in un angolo dell’icona, in atteggiamento pensieroso, quasi dubbioso di fronte ai due grandi misteri che lo sorpassano: la verginità di Maria e soprattutto la vera incarnazione del Verbo di Dio. E diventa modello di ognuno di noi che, guidati e ammaestrati dalla Chiesa, confessiamo la nostra fede, feriti tante volte dal dubbio, confermati dalla fiducia di Maria, figura a sua volta della Chiesa stessa. In molti testi di questi giorni prima e dopo il Natale, Maria diventa per Giuseppe e per ogni fedele, la guida, quasi la pedagoga che prende per mano e conduce alla fede.
La figura di Giuseppe è presentata sempre come quella di un uomo aperto al mistero di Dio, e il suo dubbio e la sua professione di fede sono in rapporto alla vera incarnazione del Verbo di Dio: “Saliamo con la mente a Betlemme e con i pensieri dell’anima contem­plia­mo la Vergine che si appresta a partorire nella grotta il Signore dell’universo e Dio nostro; Giuseppe, considerando la grandezza delle meraviglie di Dio, pensava di vedere un semplice uomo in questo bambino avvolto in fasce, ma dai fatti com­prendeva che egli era il vero Dio, colui che elar­gi­sce alle anime nostre la grande misericordia”.
Due testi ci richiamano alla festa dell’ingresso della Madre di Dio nel tempio: “Inneggiando alla Vergine che portava in seno il Verbo sempiterno, il giusto Giuseppe esclamava: Ti vedo divenuta tempio del Signore, perché tu porti colui che vie­ne a salvare tutti i mortali e a rendere templi divini, nella sua misericordia, coloro che lo cele­brano. Non affliggerti, Giuseppe, osservando il mio grem­bo: vedrai infatti colui che da me nascerà e ti rallegrerai, e come Dio lo adorerai”.
Betlemme, il luogo della nascita di Cristo, diventa una chiesa, e la nascita stessa del Signore quasi una liturgia dove si congiungono in un’unica celebrazione la Natività di Cristo e la sua Pasqua. E di questa liturgia la mangiatoia è l’altare e allo stesso tempo la tomba di Cristo, e le fasce, chiamate “teofore”, cioè “portatrici di Dio”, la testimonianza della sua risurrezione: “Su, Betlemme, prepara ciò che serve al parto; vieni Giuseppe a farti registrare con Maria; santissima è la mangiatoia, teofore le fasce: la vita, in esse avvolta, spez­zerà le catene della morte, strin­gendo i mortali per renderli in­corruttibili, o Cristo, Dio nostro”.
Il dubbio di Giuseppe, che tante volte è quello dell’umanità intera, viene messo in primo piano, come nell’icona stessa: “Maria, che è questo fatto che io vedo in te? Non so che pensare nel mio stupore e la mia mente è sbigottita. In luogo di onore, mi hai por­tato vergogna; in luogo di letizia, tristezza; in luogo di lode, biasimo. Ti avevo ricevuta irreprensibile da parte dei sa­cerdoti, dal tempio del Signore: e ora cos’è ciò che vedo?”. La risposta al dubbio di Giuseppe viene messa in bocca a Maria, cioè alla Chiesa: “Perché, vedendomi incinta, sei cupo e turbato, ignorando del tutto il tremendo mistero che mi riguarda? Deponi ormai ogni timore, e considera il prodigio: Dio, nella sua misericordia, discende sulla terra, nel mio grembo, e qui ha preso carne”.
La risposta di fede di Giuseppe, e quella di ogni cristiano, poggia sulle profezie veterotestamentarie: “Di’ a noi Giuseppe, come conduci incinta a Be­tlemme la Vergine che hai presa dal santo dei santi. Ci risponde: Io ho esaminato i profeti, e, ricevuto il responso da un angelo, sono persuaso che, in modo inesplicabile, Maria genererà Dio: per adorarlo verranno magi dall’oriente e gli ren­de­ranno culto con doni preziosi”.
E lo stesso Giuseppe, testimone della vera nascita del Verbo di Dio incarnato, ne diventa annunciatore anche ai profeti che l’hanno preceduto: “Annuncia, Giuseppe, i prodigi al padre di Dio, Davide: tu hai visto la Vergine incinta, insieme ai magi hai adorato, con i pastori hai glorificato, da un angelo hai avu­to la rivelazione. Sei divenuto pari in onore a tutti gli angeli, i profeti e i martiri, o beato, e vero consorte dei sapienti apostoli: con loro dunque, sempre ti proclamiamo beato e veneriamo, o Giuseppe, la tua sacra memoria”.
In un angolo dell’icona, nella discrezione, Giuseppe è anche potente intercessore: “La tua memoria invita alla letizia tutti i confini della terra, e li induce a lodare il Verbo che ti ha glorificato. Tu che stai con franchezza presso il Cristo, intercedi incessantemente per noi. Tu hai custodito la pura che custodiva integra la verginità, e dalla quale si è incarnato il Verbo Dio, con­servandola vergine dopo la sua nascita ineffabile: insieme a lei, o teoforo Giuseppe, ricordati di noi”.
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