L'UOMO DELLA FEDE



(Giuseppe Pellizza, Sito Salesiani di Torino)

Il Nuovo Testamento non dice molto di San Giuseppe. Ne parlano solo Matteo e Luca quando riferiscono qualcosa dell’infanzia di Gesù. Tutti gli episodi narrati trattano del periodo che va dal fidanzamento di Giuseppe fino ai primi anni di vita di Gesù. Da queste scarne fonti sappiamo che Giuseppe era originario di Betlemme, emigrò a Nazaret, dove c’era più lavoro, e lì avvenne il fidanzamento con Maria. 

Fede e concretezza

Matteo ci descrive Giuseppe come un uomo ricchissimo di umanità. Maria non era ancora sua moglie e lui che “non la conosceva”, decise di prenderla con sé, tuttavia, vista la nuova condizione in cui Maria si era venuta a trovare, dopo l’annuncio dell’angelo, egli non sapeva come comportarsi di fronte alla sua mirabile maternità. Voleva una risposta all’inquietante interrogativo, ma soprattutto cercava una via di uscita da quella situazione per lui difficile. «Mentre dunque stava pensando a queste cose, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te, Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene da Spirito Santo. Partorirà un figlio, e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”» (Mt 1,20-21). Giuseppe sapeva che ciò che viene da Dio, ha sempre dei segni di credibilità: la pace e l’aderenza alla realtà concreta. E non l’adesione ad una vaga fantasia. 

Patriarca di un popolo nuovo 

Da quel momento, Giuseppe si consacra totalmente alla volontà di Dio, che gli chiede di proteggere e vigilare Maria e il Bambino: «Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa» (Mt 1,24). Egli la prese in tutto il mistero della sua maternità, la prese insieme col Figlio che sarebbe venuto al mondo per opera dello Spirito Santo e dimostrò in tal modo una disponibilità di volontà, simile a quella di Maria, in ordine a ciò che Dio gli chiedeva per mezzo del suo messaggero. Divenne, così, l’esecutore del mistero «nascosto da secoli nella mente di Dio» (cf Ef 3,9), come lo fu Maria, in quel momento decisivo che dall’Apostolo è chiamato «la pienezza del tempo», allorché «Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» per «riscattare coloro che erano sotto la legge», perché «ricevessero l’adozione a figli» (cf Gal 4,4-5). Di questo mistero divino Giuseppe è insieme con Maria il primo depositario. Insieme con Maria e in relazione a lei, egli partecipa a questa fase culminante dell’autorivelazione di Dio in Cristo, e vi partecipa sin dal primo inizio. Guardando a Matteo e Luca, possiamo anche dire che Giuseppe è il primo a partecipare alla fede della Madre di Dio, e che, così facendo, sostiene la sua sposa nella fede della divina Annunciazione. Mediante il sacrificio di sé Giuseppe esprime il suo generoso amore verso la Madre di Dio, facendole «dono sponsale di sé». Pur deciso a ritirarsi per non ostacolare il piano di Dio che si stava realizzando in lei, egli per espresso ordine angelico la trattiene con sé e ne rispetta l’esclusiva appartenenza a Dio. In questo modo, egli è colui che è posto per primo da Dio sulla via della «peregrinazione della fede», sulla quale Maria – soprattutto dal tempo del Calvario e della Pentecoste – andrà innanzi in modo perfetto (cf Lumen Gentium, 63). Nel fare questo egli piega i suoi progetti al Progetto di Dio: obbedendo alla circostanza storica del censimento si reca a Betlemme. Una scelta non facile, dato lo stato di Maria. Là, sopporta l’umiliazione di non trovare una degna dimora per la sua sposa, in quella che era la sua cittadina d’origine e nella quale vivevano verosimilmente diversi suoi parenti e conoscenti, accontentandosi di una grotta, in cui far riposare Maria ormai prossima al parto. Anche lui, come Gesù, è ripudiato dalla sua gente e come vero Patriarca inizia la generazione di un popolo nuovo. 

Il coraggio dell’obbedienza 

Obbedendo poi alle indicazioni di un angelo, fugge in Egitto: «Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo. Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode”» (Mt, 2, 13-15). Obbedendo ancora a una indicazione soprannaturale torna in Palestina, preferendo tornare a Nazaret, probabile luogo d’origine di Maria, invece che a Betlemme, per assicurare al Figlio una esistenza più sicura, lontana dai possibili pericoli che potevano giungere dai discendenti di Erode: «Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino”. Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d’Israele. Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: “Sarà chiamato Nazareno”» (Mt, 2,19-23). La sua paternità verso Gesù dunque non fu affatto una forma minore di paternità: si può anzi dire che nessun padre umano fu padre quanto lui, che pure non aveva generato fisicamente Gesù. Così la sua unione con Maria, pur non esprimendosi in una carnalità “ordinaria”, fu una vera unione sponsale. Non fu certo una finzione il suo matrimonio: anzi, si può dire che nessuna unione matrimoniale fu così profonda e intensa come quella tra Giuseppe e Maria, che realizzarono un’unità quale mai sarebbe stata raggiunta perché per primi aprono una nuova strada nel rapporto sponsale che illumina la loro unione di intensità nuova che proviene non dalla carne ma dallo Spirito che dà la vita (Gv 6,63). Obbediente allo Spirito, Giuseppe in esso ritrovò la fonte dell’amore, del suo amore sponsale di uomo, e fu questo amore più grande di quello che «l’uomo giusto» poteva attendersi a misura del proprio cuore umano. Anzi, poiché il matrimonio e la verginità sono i due modi di esprimere e di vivere l’unico mistero dell’alleanza di Dio col suo popolo, che è comunione di amore tra Dio e gli uomini, Giuseppe e Maria esprimono con la loro casta unione entrambe le dimensioni ed inaugurano sulla terra, la realtà nuova del Regno. D’altra parte, è dal matrimonio con Maria che sono derivati a Giuseppe la sua singolare dignità e i suoi diritti su Gesù. E poiché la dignità della Madre di Dio è così alta che nulla vi può essere di più sublime, anche Giuseppe, stretto a lei dal vincolo coniugale, partecipa a questa dignità come nessun altro. Lui è il primo amico di Maria, il più vicino a lei, colui che con lei ha condiviso le vicende alterne e faticose dell’esistenza, e ora, condivide con lei la sua stessa corona di gloria.
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