LA FIGURA DI SAN GIUSEPPE - Seconda parte


Da Federico Suárez, Giuseppe sposo di Maria, Ares Edizioni, 2006, pp. 15-17.


Ai criteri di questo mondo il fatto che Dio abbia scelto quest'uomo per affidargli in custodia i due più grandi tesori che la terra abbia mai visto, Gesù e Maria, non dice molto: e senz'altro proprio questa è una delle ragioni per assicurare che criteri del genere sono di questo mondo, e pertanto superficiali. Per lo stesso motivo questi criteri sono sempre insufficienti a un cristiano che davvero sia quel che indica il suo nome, un discepolo di Cristo. Un discepolo di Cristo non può mai accettare qualcosa per il valore che ne appare: è una valutazione che non gli serve, perché ha bisogno di conoscerne il valore reale. E il valore reale delle cose create, quali che siano, il valore più profondo e vero, ha molto a che vedere ocn Dio, con Cristo, con il mondo soprannaturale e con la Rivelazione. Un cristiano che crede in gesù Cristo, che crede che Gesù è vero Dio e vero uomo, trova nel fatto che Dio abbia scelto Giuseppe come sposo della Vergine Maria e padre legale di Gesù un motivo sufficiente per pensare che forse, dopotutto, questi non fu un uomo banale e opaco, visto che addirittura Dio stesso lo scelse – più ancora, lo creò – per svolgere una delle missioni più difficili e di più grande responsabilità che mai siano state affidate a un uomo.
Proprio questa considerazione, l'elezione di Giuseppe per una missione tanto singolare, può avviare una trama di riflessioni al termine delle quali la stima e il rispetto per questo santo saranno probabilmente aumentati, in noi, in modo considerevole. Perché quest'uomo, che all'apparenza è niente più che un brav'uomo, una figura piuttosto sbiadita che non ha compiuto niente di rilevante, ci rivela invece una consistenza niente affatto comune. Quest'uomo che, passando per il Vangelo, non dice una parola, ci dà col suo silenzio una lezione di squillante eloquenza. 
Quest'uomo che non ha scritto un rigo, che non ci ha trasmesso un solo pensiero, ci insegna lezioni così profonde da temere che una parte non piccola degli uomini d'oggi sia incapace di percepirle, data la scarsa attrattiva che l'uomo contemporaneo prova per la riflessione e il poco tempo che il lavoro, gli affari, le urgenze e il costante desiderio (o smania?) di cambiamento gli lasciano per essa.
Sarebbe temerario anche solo tentare una biografia di Giuseppe di Nazaret. Non può darsi biografia (che è storia di una persona) senza sufficienti dati, e quelli del Vangelo sono davvero scarni, troppo poveri per ricostruire una vita. Ma sono, invece, sufficienti e significativi per consentire una calma considerazione. Non certo un qualsiasi tipo di considerazione, perché non ci si richiede una mera esercitazione intellettuale, sebbene vi sia anche questo. Ci è richiesto soprattutto di esercitare la pietà, di riflettere, alla luce della fede, su dati e fatti che appartengono alla Rivelazione. Che sono stati scritti con uno scopo preciso: a nostro profitto ed edificazione.
A un criterio cristiano, che permette di scorgere nei fatti la terza dimensione della visione soprannaturale, Giuseppe si rivela la persona più unita, dopo la Madonna, alla santissima Trinità. Su di lui è ricaduta – sono parole di Pio IX – "la missione di custodire la verginità, la santità di Maria; la missione di cooperare, come unico chiamato a partecipare alla conoscenza del grande mistero nascosto ai secoli, all'Incarnazione divina e alla salvezza del genere umano". Una missione senza dubbio di grande responsabilità, estremamente delicata, irta di difficoltà per l'eccesionale qualità di Maria (piena di grazia, Madre, Figlia e Sposa di Dio stesso), e perché il Bambino su cui avrebbe dovuto vegliare era il Creatore e Signore del mondo. Anche un mediocre osservatore avrebbe costatato, come un fatto di meridiana evidenza, l'inferiorità di Giuseppe rispetto alle persone che gli sarebbero state sottoposte. E com'è difficile comandare a chi ci è superiore! Che enormi difficoltà comporta prendere decisioni quando queste investono persone che sappiamo più intelligenti, più capaci, meglio preparate, più profonde di noi! È quasi inevitabile, qualora non vi sia un saldo fondamento di umiltà, che il senso della manifesta inferiorità conduca al risentimento, o a un imbarazzo che si cerca di mascherare a forza di artificiosi formalismi. 
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