c) LA FEDE NELLA “NOTTE OSCURA”
Giuseppe diventa modello del credente, che in ogni circostanza si lascia interrogare – o meglio “pro-vocare” – dal Signore.
Giusto è colui che sa che tutto ciò che accade è una modalità attraverso la quale Dio interpella la sua persona per farla entrare sempre più con forza in rapporto con lui. La giustizia non risiede dunque in ciò che una persona fa di giusto, ma nel porsi nella verità con il Dio dell’Alleanza, nella ricerca del suo volto, che può assumere a volte i tratti della lotta.
La fede, infatti, non è mai un’illuminazione che ci fa vedere tutto il percorso, ma Dio dona sempre quel poco di luce per fare il primo passo.
La fede è rischio, e il rischio è dramma, non piacevole commedia. La fede non è un comodo rifugio per anime deboli, ma un’avventura per gente forte e coraggiosa. Infatti i più grandi mistici della storia della spiritualità cristiana hanno sempre vissuto lunghi momenti di “notte oscura”: periodi, anche lunghi, di tentazione e di aridità, ma pure di purificazione e di crescita nella capacità di amore gratuito. Un esempio: Madre Teresa – dopo alcune esperienze mistiche e forti locuzioni interiori – ha vissuto 50 anni di aridità spirituale. Nel suo diario ha scritto:
Dopo gli iniziali avvenimenti eccezionali (sogni, pastori e Magi, Simeone ed Anna) Giuseppe ha sperimentato per tutta la sua esistenza terrena la notte dello spirito.
Oggi non pensiamo più che nella casa di Nazaret fosse tutto facile, semplice, saputo, senza dubbi e perplessità. Davanti a quel figlio che cresceva come tutti gli altri, che aveva bisogno di imparare come tutti i ragazzi di questo mondo, che cadeva e si faceva male, Giuseppe sicuramente si è domandato più volte se le parole dell’angelo fossero solo un miraggio.
Ciò che sommamente scandalizza è che Gesù, pur essendo una persona speciale, abbia avuto una storia normale, come quella di tutti, che tutti conoscevano. Non si addice ad un Messia, ad uno che deve cambiare le sorti del popolo!
Giuseppe, come Abramo e tutti i grandi profeti, non è l’uomo dalla fede facile.
Trent’anni sono molti e credere per trent’anni, nel buio, è logorante. Credere che l’Emmanuele si sia fatto «in tutto simile a noi, fuorché nel peccato» non è così semplice. E Giuseppe, a diversità di Maria sua sposa, è morto non vedendo nulla della vita pubblica di Gesù; né i suoi miracoli, né le sue originali parole, né la novità di vita che portava al suo passaggio. E anche se Giuseppe fosse stato vivo quando suo figlio è partito da casa, la notte non sarebbe di certo finita.
Il comportamento di Gesù era eccezionale ma anche inquietante. Sconvolgeva tutti. Agli occhi dei benpensanti sembrava un illuso, per le autorità era un pericolo, per i capi religiosi uno che voleva scalzare le sacre tradizioni…
Quanta fede per vedere in lui l’Emmanuele!
Preghiamo dunque così:
Carissimo Giuseppe, rafforza in noi la pazienza di attendere i tempi di Dio, che non sono i nostri tempi, ed a seguire le vie di Dio, che tanto spesso non sono le nostre vie.
Giuseppe, hai vissuto nella pura fede per tutta la vita. Aiutaci a capire come certi passaggi non possono avvenire se non attraverso una crisi.
Fa’ che imitiamo la tua fede pura che ha, come fonte e come culmine, soltanto un’invocazione: "Signore Gesù, mi prendo cura di te, non ti lascio!».
(Dal sito del Santuario San Giuseppe in Spicello - Terre Roveresche)
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