(di don Ferdinando Colombo, sdb, sulle pagine di Vivere - settembre 2021, pp. 4-5)


Gesù è stato avvolto dalla tenerezza di Giuseppe e Maria


Il matrimonio con Maria è il fondamento giuridico della paternità di Giuseppe.
Cioè la paternità di Giuseppe – una relazione che lo colloca il più vicino possibile a Cristo, passa attraverso il matrimonio con Maria, cioè attraverso la famiglia.
È per assicurare la protezione paterna a Gesù che Dio sceglie Giuseppe come sposo di Maria.
Ci si potrebbe domandare in che modo questo si conciliasse con il fatto che Maria e Giuseppe hanno conservato la verginità pur essendo marito e moglie. La risposta viene soltanto dallo svolgimento degli eventi salvifici, cioè dalla speciale azione di Dio stesso. È dono di Grazia, irradiata direttamente da Cristo che vive con loro.
Quest'uomo "giusto" che, nello spirito delle più nobili tradizioni del popolo eletto, amava la Vergine di Nazareth ed a lei si era legato con amore sponsale, è stato ripetutamente chiamato da Dio a continuare questo amore profondo, senza la mediazione, normalmente legittima e necessaria, di rapporti sessuali.
Giuseppe, obbediente allo Spirito, proprio in esso ritrovò la fonte dell'amore, del suo amore sponsale di uomo, e questo amore fu più grande di quello che "l'uomo giusto" poteva attendersi a misura del proprio cuore umano.


La tenerezza tra Maria e Giuseppe

Giuseppe e Maria vivono la castità verginale ma questo non significa che tra loro non ci fossero manifestazioni di affetto e tenerezza. È evidente che il loro matrimonio sia stato accompagnato da grandi doni di Dio, grazie ai quali si può pensare che abbiano vissuto la tenerezza come espressione molto umana e tanto necessaria dell'amore reciproco e del suo svilupparsi.

"Giuseppe è un papà che subito si affeziona, come ogni padre, al neonato; amando davvero la propria moglie, non aspetta i movimenti di emancipazione del XX secolo per fare la sua parte nelle faccende domestiche e culla tranquillo il bambino lasciando che Maria tiri un po' il fiato. Perché Maria è esente dal peccato originale ma non dalle fatiche della maternità, dalle gioie e dai dolori dell'essere madre. 
I vangeli, nella loro pudica sobrietà, non si soffermano a raccontare i dettagli di questa quotidianità, proprio perché, in fondo, non saranno stati molto diversi da quelli di ogni modesta famiglia di quel tempo" (Lucio Brunelli). L'intimità scaturisce dalla vicinanza, dal dialogo, e dai gesti di tenerezza di coloro che il vangelo di san Luca chiama "i genitori" di Gesù che, come tali, vivevano anche il loro compito educativo.


Padre nella tenerezza

Papa Francesco nella lettera Apostolica "Con cuore di padre", ci guida nel comprendere le radici di fede che hanno permesso a Giuseppe e, tramite lui, a Gesù, di fiorire nella tenerezza. "Giuseppe vide crescere Gesù ogni giorno in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Lc 2,52).
Come il Signore fece con Israele, così egli gli ha insegnato a camminare, tenendolo per mano: era per lui come il padre che solleva un bimbo alla sua guancia, si chinava su di lui per dargli da mangiare (cfr Os 11,3-4).
Gesù ha visto la tenerezza di Dio in Giuseppe: Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono (Sal 103,13).
Giuseppe avrà sentito certamente riecheggiare nella sinagoga, durante la preghiera dei Salmi, che il Dio d'Israele è un Dio di tenerezza, che è buono verso tutti e la sua tenerezza si espande su tutte le creature (Sal 145,9).
La storia della salvezza si compie nella speranza contro ogni speranza (Rm 4.18) attraverso le nostre debolezze. Troppe volte pensiamo che Dio faccia affidamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza.
Anche attraverso l'angustia di Giuseppe passa la volontà di Dio, la sua storia, il suo progetto.
Giuseppe ci insegna che avere fede in Dio comprende pure il credere che Egli può operare anche attraverso le nostre paure, le nostre fragilità, la nostra debolezza. E ci insegna che, in mezzo alle tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande".

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