(Lorenzo Cappelletti, La Santa Crociata in onore di San Giuseppe, febbraio 2022, p. 24-25)
Cominciamo la rassegna con due rappresentazioni di san Giuseppe in figura stante, che non illustrano propriamente episodi della sua vita, ma costituiscono una sintetica presentazione e invocazione della sua santità. Si può dire che queste due vetrate aprono e chiudono tanto cronologicamente che spazialmente la rassegna.
La prima (cm 454x177), che attualmente si trova in sacrestia ma che probabilmente stava in origine sulla parete absidale della Basilica, è la più antica di tutte le vetrate giuseppine. Ha un vago sapore liberty.
Fu realizzata nel 1927 dalla Bottega d'arte vetrata Giuliani e offerta in memoria di Gerardo e Doralice Lucarelli dalla loro sorella Egle (nel 1967, dopo il trasferimento dalla prima collocazione, è stata restaurata a cura dei figli di costei). Presenta san Giuseppe come Ecclesiae Patronus. Tale titolo campeggia ai piedi del Santo su una specie di basamento.
La figura di san Giuseppe, infatti, è immaginata quasi come una statua policroma all'interno di una nicchia dotata di abside e cornice floreale, dove fra i gigli compaiono, entro tondi, 8 busti di angeli.
Al di sopra del finto basamento, san Giuseppe, con sandali ai piedi e uno strano bastone fiorito in mano, sembra poggiare a tutta prima su marroni zolle di terra. In realtà si tratta di nubi, che prendono in alto le fattezze di altri 8 angeli in una caratteristica coincidenza del cielo fisico con quello spirituale, come spesso si vede nell'arte rinascimentale (in Raffaello, ad esempio). La santità di Giuseppe non è segnalata soltanto dal cielo che lo circonda, ma anche dal biancore del nimbo e della "mandorla" che lo avvolgono (anzi, lo strano colore del cielo – una "terra di Siena bruciata" – serve proprio a far risaltare tale biancore), nonché da vesti regali: manto dorato, recante una significativa decorazione a croci, e purpurea veste gemmata.
L'elemento iconografico più interessante è il bastone fiorito. Ebbene, questo emblema, che spesso caratterizza san Giuseppe (lo si ritrova, per esempio, ampiamente nei celebri affreschi di Giotto della Cappella degli Scrovegni a Padova), proviene dai racconti dei Vangeli apocrifi, che rispetto ai quattro Vangeli canonici parlano molto più ampiamente, ma che favolosamente, di Giuseppe.
Come Aronne nel libro dei Numeri (17,16-26), lì si racconta che Giuseppe sarebbe stato indicato come il prescelto da Dio proprio grazie alla prodigiosa fioritura del suo bastone. A dire che Giuseppe non è un legno secco, incapace di germogliare, ma al contrario è proprio quel discendente del padre di David, Iesse, attraverso cui si realizza la promessa profetica di Isaia 11,1: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici».
Come Aronne nel libro dei Numeri (17,16-26), lì si racconta che Giuseppe sarebbe stato indicato come il prescelto da Dio proprio grazie alla prodigiosa fioritura del suo bastone. A dire che Giuseppe non è un legno secco, incapace di germogliare, ma al contrario è proprio quel discendente del padre di David, Iesse, attraverso cui si realizza la promessa profetica di Isaia 11,1: «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici».
Se il racconto dei Vangeli apocrifi ha tratti favolosi, la realtà che sottintende è conforme alla fede della Chiesa e così il simbolo del bastone fiorito, oltreché ad Aronne, fu assegnato tradizionalmente a san Giuseppe.
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