San Tommaso d'Aquino e San Giuseppe nella Summa Telogica



San Tommaso d'Aquino -domenicano vissuto nel 1200-, nella sua SUMMA TEOLOGICA affronta in vari punti argomenti relativi al nostro caro Santo Patriarca.

Cominciamo oggi a pubblicare i passi di questa maestosa opera teologica che riguardano San Giuseppe e che certamente ci aiuteranno a comprendere ancora meglio il grandioso compito a cui egli fu chiamato e le insigni prerogative che gli vennero concesse a tal fine.

Ricordiamo che, nella Summa, il dottore angelico ricorre ad un metodo che consiste nell'esporre le tesi contrarie alla Scrittura, per poi passare ad analizzare gli argomenti che sono invece posti a fondamento della nostra fede e darne spiegazione, richiamando anche il pensiero di altri santi.

Di San Giuseppe, San Tommaso non si occupa in via diretta, ma sempre in relazione a quelli che realmente furono i "cardini" della sua vita materiale e spirituale: Maria e Gesù!







San Tommaso d'Aquino   


Somma Teologica 


III PARTE




ARGOMENTO 28 LA VERGINITÀ DELLA MADRE DI DIO





 Veniamo ora a considerare la verginità della Madre di Dio. 

Sull‘argomento si pongono quattro quesiti: 

1. Se essa sia stata vergine nel concepimento; 
2. Se sia stata vergine nel parto; 
3. Se sia rimasta vergine dopo il parto; 
4. Se abbia fatto il voto di verginità. 

 1 Se la Madre di Dio sia stata vergine nel concepimento di Cristo.

 Pare che la Madre di Dio non sia stata vergine nel concepimento di Cristo. 
Infatti: 
1. La prole che ha un padre e una madre non è concepita verginalmente dalla madre. 
Ora, a Cristo nel Vangelo [Lc 2, 33] si attribuisce non solo una madre, ma anche un padre, poiché si legge: «Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui». 
E più sotto [v. 48]: «Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 
Quindi Cristo non fu concepito da una madre vergine. 

2. S. Matteo [1, 1 ss.] dimostra che Cristo era figlio di Abramo e di Davide per la ragione che Giuseppe discendeva da Davide. 
Ma questo argomento non varrebbe se Giuseppe non fosse stato il padre di Cristo.
 Dunque la madre di Cristo lo ha concepito con il seme di Giuseppe. 
E così non fu vergine nel concepimento. 

3. S. Paolo [Gal 4, 4] dice che «Dio mandò il suo Figlio nato da donna (ex muliere)»
Ma il termine «mulier» fa pensare normalmente a una donna (ex muliere)». 
Ma il termine «mulier» fa pensare normalmente a una donna che si è unita a un uomo. 
Quindi Cristo non fu concepito da una madre vergine.

4. I viventi che appartengono a una medesima specie vengono generati alla stessa maniera, poiché la generazione è specificata dal suo termine, come anche ogni moto. 
Ma Cristo era della medesima specie degli altri uomini, come dichiara l‘Apostolo [Fil 2, 7]: «Divenne simile agli uomini e apparve in forma umana». 
Poiché dunque gli altri uomini vengono generati attraverso l‘unione fra l‘uomo e la donna, anche Cristo fu generato alla stessa maniera.
 Quindi non fu concepito da una madre vergine. 5. 
Ogni forma naturale ha una materia determinata, senza della quale non può esistere. 
Ma la materia della forma umana è il seme dell‘uomo e della donna. 
Se dunque il corpo di Cristo non fosse stato concepito da tale seme non sarebbe un vero corpo umano: il che è inammissibile. 
Quindi non fu concepito da una madre vergine. 
In contrario: Isaia [7, 14] profetizza: «Ecco, la vergine concepirà». 

Dimostrazione: Dobbiamo assolutamente credere che la Madre di Cristo concepì in modo verginale, poiché la dottrina contraria è l‘eresia degli Ebioniti e di Cerinto, che ritenevano Cristo un puro uomo, nato dall‘unione dei due sessi. 

E del concepimento verginale di Cristo si possono addurre quattro motivi di convenienza. Primo, perché fosse salvata la dignità del Padre celeste che mandava il suo Figlio nel mondo. Essendo infatti Cristo vero e naturale figlio di Dio, non era conveniente che avesse un altro padre, e che una prerogativa di Dio fosse comunicata ad altri. 
Secondo, poiché ciò conveniva alle proprietà personali del Figlio che fu inviato nel mondo. Egli infatti è il Verbo di Dio. 
Ora, il verbo viene concepito senza alterazione o corruzione della mente: anzi, un‘alterazione di questo genere impedisce la concezione del verbo mentale. 
Poiché dunque la carne fu assunta per essere la carne del Verbo di Dio, era conveniente che anch‘essa fosse concepita senza alcuna corruzione della madre. 
Una terza ragione di convenienza è fornita dalla dignità della natura umana di Cristo, nella quale non doveva esserci posto per il peccato, dato che per mezzo di essa veniva tolto il peccato del mondo, secondo le parole del Vangelo [Gv 1, 29]: «Ecco l‘agnello di Dio», cioè l‘innocente, «che toglie il peccato del mondo». 
Ma non era possibile che da una natura già corrotta dall‘atto coniugale nascesse una carne immune dal peccato di origine. 
Infatti S. Agostino [De nuptiis et concup. 1, 12] scrive che nel matrimonio di Maria e di Giuseppe «mancò soltanto l‘atto coniugale: poiché esso non poteva essere compiuto senza una certa concupiscenza carnale, che deriva dal peccato e senza la quale volle essere concepito colui che non avrebbe avuto alcun peccato».
La quarta ragione di convenienza si trova nel fine stesso dell‘incarnazione di Cristo, che era di far rinascere gli uomini a figli di Dio «non da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio» [Gv 1, 13], cioè per la potenza di Dio. 
Ora, il modello di questa rinascita doveva apparire nel concepimento stesso di Cristo. Per cui S. Agostino [De sancta virginit. 6] scrive: «Conveniva che per un insigne miracolo il nostro capo nascesse secondo la carne da una vergine, per indicare che le sue membra sarebbero nate secondo lo spirito da quella vergine che è la Chiesa».

Analisi delle obiezioni: 1. Stando a S. Beda [In Lc 1, su 2, 33], «Giuseppe viene chiamato padre del Salvatore non perché lo fosse veramente, come pensavano i Fotiniani, ma perché, al fine di salvaguardare il buon nome di Maria, passasse come padre agli occhi della gente».
 Nel Vangelo [Lc 3, 23] infatti si legge: «Figlio di Giuseppe, come si credeva».
 Oppure, come spiega S. Agostino [De cons. evang. 2, 1], Giuseppe viene detto padre di Cristo per la stessa ragione per cui è detto «sposo di Maria, senza unione carnale, ma in forza del solo matrimonio: cioè molto più congiunto a Cristo che se lo avesse adottato. 
E non è vero che Giuseppe non doveva essere chiamato padre di Cristo per il motivo che non lo aveva generato: infatti sarebbe stato padre anche di un estraneo, non nato dalla sua sposa, che però egli avesse adottato». 
2. Come osserva S. Girolamo [In Mt 1, su 1, 18], «sebbene Giuseppe non sia il padre del Signore nostro Salvatore, tuttavia la genealogia di Cristo è condotta fino a Giuseppe» innanzitutto perché «non è consuetudine delle Scritture tessere le genealogie rifacendosi alle donne. - Poi perché Maria e Giuseppe erano della stessa tribù.
Per cui Giuseppe era obbligato dalla legge per ragioni di parentela a prenderla in moglie». 
- E ancora, come dice S. Agostino [De nuptiis et concup. 1, 11], «la genealogia doveva discendere fino a Giuseppe perché in tale matrimonio non soffrisse alcuna minorazione il sesso maschile, che è il più nobile, mentre nulla soffriva la verità, essendo Giuseppe e Maria della stirpe di Davide». 
3. Come spiega la Glossa [ord.], S. Paolo «adopera alla maniera ebraica il nome mulier al posto di femina. 
Poiché l‘uso ebraico chiama mulieres tutte le donne, non solo quelle che hanno perduto la verginità».

 4. La ragione addotta vale per le cose che vengono all‘esistenza per via naturale, poiché la natura, come è fissa a un determinato effetto, così ha pure un modo immutabile di produrlo. Ma essendo la potenza soprannaturale di Dio infinita, come non si restringe a un solo effetto, così non ha limiti nel modo di produrlo. 
Se quindi la potenza divina poté formare il primo uomo «dal fango della terra», poté anche formare il corpo di Cristo da una vergine senza il seme virile. 

5. [....]
Dio invece con la sua potenza infinita può dare a qualunque materia qualunque forma. Per cui come trasformò il fango della terra nel corpo di Adamo, così poté trasformare nel corpo di Cristo la materia somministrata dalla madre, anche supposto che non fosse una materia sufficiente per una concezione naturale. 
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