L’UOMO GIUSTO
Viene qualificato così. La sua giustizia non è naturalmente quella di un uomo che vive di legge, che si attiene alle leggi,
che rispetta le prescrizioni stabilite, senza volerle assolutamente discutere. La sua giustizia è, piuttosto, rivelazione della
sua piena corrispondenza a Dio, al suo agire, ai suoi progetti, alla sua parola fatta conoscere. È dunque la giustizia di chi
legge in profondità e non si limita a considerare quello che vede, quello che sente d’istinto.
La sua giustizia è, insomma,
capacità di vedere nelle vicende umane il disegno divino e soprattutto l’intervento dello Spirito.
Così la decisione che lui prende di licenziare Maria, di lasciarla libera, non è dettata dalle disposizioni di legge, ma dal
suo leggere, anche se solo in maniera intuitiva, che in quella donna si stavano compiendo i disegni divini, per i quali egli
poteva essere un intralcio, un incomodo, una presenza inadeguata.
Se avesse agito secondo la legge non avrebbe dovuto
licenziarla in segreto, ma addirittura denunziarla con le estreme conseguenze del caso, che poteva comportare l’accusa
di adulterio e la punizione estrema.
In questo particolare della natività di Gesù secondo Arcabas, potremmo leggere questa visione della “giustizia” di Giuseppe, a partire da quel lume in corrispondenza del cuore, che illumina in profondità, come se egli volesse leggere interiormente l’evento che ora ha davanti agli occhi. Quella luce non serve a illuminare la grotta in cui avviene la nascita, anche perché la fonte della luce è Gesù stesso appena nato. Quel lume, che non irradia attorno, ma chiarisce la coscienza dell’uomo, suggerisce la profondità di fede con cui Giuseppe legge quell’evento che lo rischiara, lo riscalda, lo rianima, portando proprio nell’uomo la sola giustizia di cui l’uomo ha bisogno, quella di Dio. Sembra quasi che il corpo di Giuseppe perda le sue dimensioni e che la sua stessa fisionomia si trasformi, perché nel rosso intenso compaia il suo spirito e abbia il sopravvento la sua coscienza, con la quale egli intende assumere la missione che gli è stata affidata da Dio mediante l’annuncio dell’angelo. Così egli diventa l’angelo stesso di Dio, che esegue i suoi ordini, che dà il lieto annuncio, che soprattutto custodisce quella santa famiglia, per divenire il custode della famiglia stessa di Dio. Qui si può notare la posizione che ha Giuseppe nella scena: ha più spessore la sua ombra che si riflette dietro di lui, e che sembra l’ala protettiva per la moglie e il figlio che dormono beatamente nella povera stalla. Egli appare davvero il custode, senza risultare affatto ingombrante, e nello stesso tempo suggerisce anche agli spettatori di mettersi di fronte alla scena con la sua stessa discrezione, quasi a non disturbare il sonno. Il gesto di coprire il lume ha questa funzione, e nel contempo diventa l’invito a leggere l’evento come fa lui, a partire dalla sua interiorità e dal suo senso di giustizia, che gli suggerisce di considerare le cose a partire da quanto Dio dice e dispone. Così è colta la grandezza si Giuseppe in questo momento …
FONTE: Blog di don Ivano Colombo
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