SAN GIUSEPPE. IL SALVATORE DEL SALVATORE DEL MONDO (Wim Collin) - Terza parte

  (in Note di pastorale giovanile, novembre 2022)  



Caratteristiche di San Giuseppe

La fuga in Egitto raccontata dall’evangelista Matteo è uno dei racconti preferiti di Francesco, forse il più adatto per descrivere le caratteristiche di San Giuseppe, tra cui spiccano obbedienza e prontezza. Giuseppe, infatti, ha eseguito senza indugio le richieste dell’angelo del Signore, e il grande scrittore San Francesco di Sales, grazie alla sua profonda conoscenza dell’animo umano, ha saputo far muovere a Giuseppe tutte le obiezioni possibili: 

“Il povero San Giuseppe non avrebbe potuto dire: Tu mi dici di andare, ma non andrebbe bene partire anche domattina? Dove vuoi che vada di notte? Non ho nulla pronto. Come vuoi che porti il Bambino? Avrò le braccia abbastanza forti per sorreggerlo in un viaggio così lungo? E che? Vuoi che lo porti un po’ anche sua Madre? Non vedi che è una fanciulla ancora così giovane? Non ho né cavallo, né denaro per compiere un viaggio. E non sai che gli Egiziani sono nemici degli Israeliti? Chi ci accoglierà?”.

Probabilmente ognuno di noi avrebbe mosso anche una sola di queste obiezioni se l’Angelo ci avesse posto la medesima domanda. Giuseppe invece “non dice una sola parola per esimersi dall’obbedire, ma parte immediatamente e fa tutto ciò che gli ha ordinato l’Angelo” [20].  Questa “perfetta obbedienza” [21] di Giuseppe è da ammirare, poiché non si tratta di una scelta facile: “La paura di non sapere quando ne sarebbe uscito [dall’Egitto], doveva affliggerlo profondamente e tormentare il suo povero cuore; tuttavia è rimasto sempre se stesso, sempre dolce, tranquillo e perseverante nella sottomissione al beneplacito di Dio”. [22]

L’obbedienza trae origine da una importante dote di San Giuseppe. Il padre di Gesù era un uomo fiducioso, si fidava della divina Provvidenza. 

“San Giuseppe ci insegna […] in che modo dobbiamo imbarcarci sulla nave della divina Provvidenza, senza pane, o biscotti, senza remi, senza timone, senza vele, e infine, senza alcuna sorta di provviste; e lasciare così tutta la cura di noi stessi e del successo delle nostre iniziative a Nostro Signore, senza ritorni né repliche, né alcun timore per ciò che potrà accadere”. [23]

Contare sulla Divina Provvidenza significa dunque abbandonarsi totalmente alla volontà di Dio, credendo fermamente che Dio stesso provvederà ad ogni cosa. Come afferma Francesco di Sales, non è altro che uscire da se stessi e lasciare dietro di sé il vecchio io, per conformarsi totalmente alla volontà del Signore. L’uomo deve lasciarsi guidare completamente, orientare la propria volontà sempre unita e conforme a quella di Dio. [24] Lo Spirito Santo richiede a noi la stessa prontezza: “Alzati, esci da te stesso”. 
Un’altra caratteristica di San Giuseppe è la sua umiltà. Questa umiltà si dimostra in primo luogo nel modo in cui egli ha nascosto i grandi doni e i grandi privilegi ricevuti da Dio stesso. Sebbene meritasse grandi onori e potesse gloriarsi della sua autorità come padre del Salvatore, non lo ha mai fatto. [25] San Giuseppe è come la palma. La palma in primavera tiene nascosti i propri fiori, tutti gli altri alberi invece li danno a vedere, non li proteggono dal freddo della primavera causandone ben presto la morte. Gli uomini sono proprio come questi alberi, “non appena hanno qualche riflessione che sembra loro degna di essere stimata, oppure scoprono in sé qualche virtù, non si danno pace finché non l’hanno fatta sapere e conoscere a tutti coloro che incontrano”. La palma, invece, non lascia vedere i propri fiori fin quando il forte calore del sole non riesce a farli aprire. Allo stesso modo agisce San Giuseppe, tiene nascosti i propri fiori, ovvero le sue virtù, sotto il velo dell’umiltà fino alla morte. [26] 
San Giuseppe è anche grande nel sopportare l’umiliazione. “Immaginate”, scrive Francesco, “di vedere San Giuseppe con la Santa Vergine arrivare a Betlemme, a tarda notte, e cercare dappertutto un alloggio, senza trovare nessuno che voglia accoglierli. O Dio, quale disprezzo e rifiuto fa il mondo delle persone celesti e sante e come quelle due sante anime abbracciano volentieri questa abiezione”. [27] Non si ribella, non se ne vanta, non disprezza, ma sopporta e soffre in silenzio. Giuseppe però non rimane ad attendere in un angolo, ma cerca una soluzione, trova un alloggio povero e ama la santa semplicità. 

È un uomo costante. “Noi diciamo che un uomo è costante quando resta fermo e pronto a sopportare gli assalti dei nemici, senza meravigliarsi e perdersi di coraggio durante la battaglia”. [28] San Giuseppe è sempre stato forte, coraggioso, costante e perseverante. Quest’ultima caratteristica significa che 

“l’uomo disprezza [il] nemico tanto da rimanere vittorioso, per mezzo di una continua uguaglianza e sottomissione alla volontà di Dio. La fortezza è ciò che fa sì che l’uomo resista gagliardamente agli assalti dei nemici; mentre il coraggio è una virtù che fa in modo che non soltanto ci si tenga pronti a combattere o a resistere, quando se ne presenta l’occasione, ma che si attacchi il nemico all’istante, senza nemmeno lasciargli aprir bocca!”. [29]

Infine, il vescovo di Ginevra sottolinea anche la povertà di San Giuseppe. Diverse volte lo scrittore fa riferimento a Betlemme, dove la famiglia santa ha dovuto far dormire il loro neonato in una mangiatoia, come fosse una culla; o alla loro permanenza in Egitto dove hanno perfino mendicato per poter sopravvivere; o ancora alla loro vita a Nazareth, dove Giuseppe lavorava come falegname per guadagnare il pane quotidiano. Hanno accettato la povertà in cui erano costretti a vivere, come fosse parte del grande piano di Dio. L’unico figlio di Dio non poteva nascere in un castello o in un palazzo imperiale, ma doveva essere povero. E dunque Giuseppe e Maria amavano la povertà come fosse un dono, come fosse un volere divino. [30] 

Preghiera a San Giuseppe

Sembra appropriato concludere l’articolo con le medesime parole poetiche utilizzate da Francesco su San Giuseppe presentate nella lettera al Monsignore di Belley all’inizio, ma questa volta in forma di preghiera, così come riportate nella dedica del Trattato dell’amor di Dio: 

“Ma o Madre tutta trionfante, chi può rivolgere gli occhi alla tua maestà senza vedere alla tua destra colui che il Figlio tuo volle, per amor tuo, così spesso onorare del titolo di Padre, legandolo a te con il vincolo celeste di un matrimonio tutto verginale, perché tu trovassi in lui aiuto e sostegno nell’impegno della guida e dell’educazione della sua divina infanzia? O grande San Giuseppe, Sposo amatissimo della Madre del Diletto, quante volte hai tenuto tra le braccia l’Amore del cielo e della terra; e, infiammato dai dolci abbracci e baci di qual divino Fanciullo, ti scioglievi di dolcezza, allorché ti sussurrava teneramente all’orecchio (o Dio, quale soavità!) che tu eri il suo grande amico e il suo carissimo Padre tanto amato”. [31]


NOTE

[20] Troisième entretien, Œuvres: Tome VI, Les vrays entretiens spiritueles: 39.

[21] Dix-neufviesme entretien, Œuvres: Tome VI, Les vrays entretiens spiritueles: 367.

[22] Dix-neufviesme entretien, Œuvres: Tome VI, Les vrays entretiens spiritueles: 368.

[23] Troisième entretien, Œuvres: Tome VI, Les vrays entretiens spiritueles: 47.

[24] Dix-neufviesme entretien, Œuvres: Tome VI, Les vrays entretiens spiritueles: 368. 

[25] CLIV Sermon pour la fête de Saint Joseph (19 mars 1621), Œuvres: Tome VIII, Sermons: Vol II, 398.

[26] Dix-neufviesme entretien, Œuvres: Tome VI, Les vrays entretiens spiritueles: 358-359.

[27] LI Autre méditation pour le même aspirant, sur la naissance de Notre Seigneur Jésus-Christ, Œuvres: Tome XXVI, Opuscules: Vol V, 373.

[28] Dix-neufviesme entretien, Œuvres: Tome VI, Les vrays entretiens spiritueles: 365.

[29] Dix-neufviesme entretien, Œuvres: Tome VI, Les vrays entretiens spiritueles: 365.

[30] Cfr. Dix-neufviesme entretien, Œuvres: Tome VI, Les vrays entretiens spiritueles: 368-369.

[31] FRANCESCO DI SALES, Trattato dell’Amor di Dio, G. GIOIA (a cura di), Roma, Città Nuova, 2011, 81.

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