IL TEMA DEL TEMPIO TRA PRIMO E SECONDO TESTAMENTO

 (P. Zevini, La Santa Crociata in onore di San Giuseppe, gennaio 2021, p. 13)



Il rilievo della figura di san Giuseppe è legato alla sua paternità: egli è, sì, il padre legale di Gesù, ma n'è soltanto quello putative e nei Vangeli non si legge nulla di lui.
Il fascino di san Giuseppe si manifesta nella sua fedeltà silenziosa, nascosta, umile e quotidiana al progetto di Dio.
Poniamo in luce alcuni momenti fondamentali della sua paternità in relazione all'attività compiuta nel Tempio, luogo centrale della vita religiosa.
Il Tempio di Gerusalemme anche per i profeti fu la sede dell'incontro con Dio, ma fu anche un luogo non privo d'ambiguità e di formalismo. Isaia, Geremia ed Ezechiele denunciarono con forza il carattere superficiale del «culto che vi si svolge» (Is 1,11-17; Ger 6,20), nonché le pratiche idolatriche introdotte da uomini che praticavano un culto vuoto e superstizioso.
Tali deviazioni spiegano l'atteggiamento dei profeti che giunsero fino a predire l'abbandono da parte di Dio della dimora da lui scelta e la sua distruzione a causa del peccato del popolo (cfr Mi 3,12; Ger 7-1215; Ez 9-10). Dio volle un culto vivo, sincero e personale, ricco di fede, di giustizia e d'accoglienza di tutti, anche dello straniero, pena l'abbandono del tempio da parte della "gloria del Signore" e la sua distruzione (Ez 10,18).
Gesù, nel Nuovo Testamento, da giudeo qual era, fu rispettoso del tempio, vi si recò più volte, ne approvò il culto, v'interrogò, v'insegnò, ne pagò il tributo e contestò il culto farisaico. Il tempio, per il Signore, fu la casa del Padre suo (Lc 1,49; Gv 2,16), quale luogo di preghiera, e s'adirò quando il cortile dei Gentili fu adibito a mercato e traffico di valute, onde decise di purificarlo, e ne annunciò la distruzione: «non rimarrà pietra su pietra» (Mt 23,38; 24,2 par.). Il velo del tempio, infatti, alla morte di Gesù, si squarciò e perdette, definitivamente, il carattere sacro di segno della presenza divina (Mc 15,38). Il tempio nuovo e perenne sarebbe stato il Corpo stesso di Gesù, dove Dio avrebbe stabilità la sua dimora tra gli uomini con un nuovo culto «in spirito e verità» (Gv 4,23-24).
La missione di Giuseppe all'interno dei due capitoli di Matteo (Mt 1-2) è legata alla "genealogia di Gesù Cristo" che tale evangelista fa iniziare con Abramo.
Giuseppe, con la sua appartenenza alla tribù di Giuda, diede a Gesù la discendenza davidica, per cui il Figlio della Vergine Maria può dirsi veramente "figlio di Davide". 
Il compito di Giuseppe, "lo sposo di Maria"; consistette, pertanto, nell'iscrizione di Gesù in tale discendenza, essenzialmente propedeutica alla missione che il Padre gli avrebbe affidato. Egli, "uomo dei sogni", fu disponibile alla volontà di Dio, ed affidò la propria vita ad un progetto trascendentale. Ci rendiamo conto in tal modo della giustizia di Giuseppe, che fu un adempimento alla volontà divina accolta con piena obbedienza.
Maria e Giuseppe, per la vocazione ricevuta, furono una coppia del tutto consapevole d'essere compartecipe del disegno del Padre d'affidare al Figlio la redenzione dell'umanità e di svolgere il loro compito nel silenzio operoso e solerte della vita familiare.
Qui sta il mistero della famiglia di Nazaret: la fedeltà a Dio, fino al dono di se stessi, fece sì che Maria e Giuseppe si fossero aperti all'esigenze dell'amore e del servizio universale per lasciar libero il Figlio, che si sarebbe dedicato soltanto alla causa del Padre e degli uomini.
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