(Paolo Antoci, La Santa Crociata in onore di San Giuseppe, febbraio 2021, pp. 14-15)
Alcune risonanze inesatte su san Giuseppe; qui le più frequenti: «non si sa nulla», «i vangeli non ne parlano», «si sa poco di lui», «non ha detto alcuna parola», «abbiamo ben poco di lui», e via dicendo.
Cerchiamo brevemente di dire come stanno in realtà le cose da oltre duemila anni di storia della Chiesa. È opportuno, in tal senso, tener conto sia dell'insegnamento biblico sia quello magisteriale. Andiamo per ordine.
Innanzitutto i vangeli parlano di san Giuseppe, e non solo Matteo e Luca, ma anche Marco e Giovanni. E ne parlano abbastanza. Papa Francesco, nella sua lettera Patris Corde, lo chiarisce fin da subito. «Giuseppe ha amato Gesù, chiamato in tutti e quattro i Vangeli "il figlio di Giuseppe". Matteo e Luca, raccontano poco, ma a sufficienza per far capire che tipo di padre egli fosse e la missione affidatagli dalla Provvidenza».
Successivamente, con riferimenti biblici alla mano, il Papa presenta la figura, la "storia", la vita del santo. Notizie utili e sufficienti, seppur stringate, per comprendere il ruolo di san Giuseppe nell'economia salvifica. Dunque, davvero non si sa nulla di lui? E che dire, allora, della sua sposa? Sappiamo, ad esempio, dove e quando è nata o è morta? Che i vangeli non riportano alcuna parola proferita da san Giuseppe, non significa che essi non ne parlino o che si sappia poco di lui. L'uomo del silenzio è passato quasi sempre come l'uomo muto e spesse volte è diventato un uomo zittito.
Nell'evolversi della riflessione giosefologica, grazie a Dio, si è passati finalmente dall'uomo dei sette silenzi all'uomo della grande Parola. È l'apporto della giosefologia a rivelarlo e ad aiutarci a meditare sul silenzio eloquente del santo contemplativo e lavoratore.
Passiamo ora all'insegnamento dottrinale. Davvero abbiamo ben poco materiale in suo conto? Direi di no; basterebbe infatti riconsiderare con la dovuta attenzione il fenomeno religioso giosefino per avere l'idea dell'immenso patrimonio giosefologico e della spiritualità giosefina in nostro possesso e purtroppo marginalizzato o per niente considerato. È così palese che lo stesso papa Francesco nella Patris Corde scrive: «Dopo Maria, Madre di Dio, nessun Santo occupa tanto spazio nel Magistero pontificio quanto Giuseppe, suo sposo. I miei Predecessori hanno approfondito il messaggio racchiuso nei pochi dati tramandati dai Vangeli per evidenziare maggiormente il suo ruolo centrale nella storia della salvezza».
L'impegno di ognuno, allora, è quello di andare a rileggere - e studiare i documenti da papa Pio IX con la Quemadmodum Deus fino a papa Francesco con la Patris Corde, passando obbligatoriamente per la Quamquam pluries di Leone XIII e la Redemptoris Custos di Giovanni Paolo II.
Insegnamento dottrinale dove ripetutamente san Giuseppe emerge come singolare, importante e fondamentale ministro dell'incarnazione e della redenzione dopo la Vergine santissima. «San Giuseppe è stato chiamato da Dio a servire direttamente la persona e la missione di Gesù mediante l'esercizio della sua paternità: proprio in tal modo egli coopera nella pienezza dei tempi al grande mistero della Redenzione ed è veramente "ministro della salvezza"» (RC 8).
Il "santo dimenticato", il "santo sconosciuto", il "santo da riscoprire", questi e altri titoli-effetto, purtroppo veritieri, si ritrovano in diversi testi pubblicati in questi decenni, titoli dal tono provocatorio per suscitare curiosità e interesse nel conoscere il nostro santo.
Abbiamo un anno per farlo, il tempo opportuno per interessarci alla giosefologia a completamento della mariologia e della cristologia.
Tanto quanto basta per conoscere bene e meglio san Giuseppe, singolare depositario del Mistero di Dio che giustamente merita sommi onori dopo la Vergine santissima, come ha ricordato il Papa.
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