LA TEOLOGIA E SPIRITUALITÀ DI SAN GIUSEPPE E LA VOCAZIONE DEL FRATELLO MISSIONARIO COMBONIANO (terza parte)

   di P. Guido Oliana, mccj 



b) Giuseppe nel Vangelo di Luca 

Nella genealogia secondo Luca, che evidenzia Gesù come figlio di Adamo per mostrare l’universalità della salvezza portata da Gesù, Giuseppe riappare all’inizio del testo. “Gesù […] era figlio, come si credeva, di Giuseppe, figlio di Eli […]” (Lc 3,23). Di passaggio, notiamo l’incongruenza tra le due genealogie. In Matteo Giuseppe è figlio di Giacobbe, in Luca è figlio di Eli.  
Luca, poi, menziona Giuseppe in occasione del viaggio con Maria a Betlemme per effettuare il censimento nella terra del suo antenato Davide. “Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazareth e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria, sua sposa, che era incinta” (Lc 2,4-5). 
Qui Giuseppe garantisce la discendenza del figlio adottivo Gesù dalla stirpe di Davide, secondo le promesse messianiche dell’Antico Testamento.  
Dopo avere ricevuto il messaggio della nascita del Salvatore, i pastori andarono senza indugio a Betlemme, dove “trovarono Maria e Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia” (Lc 2,16). In altri passi, Giuseppe non viene menzionato con il suo nome proprio ma con il termine genitore. Nell’occasione della presentazione al tempio, Luca fa menzione dei genitori (Maria e Giuseppe) che “vi portarono il Bambino Gesù per adempiere a legge” (Lc 2,27). Nell’episodio di Gesù fanciullo che rimase nel tempio tra i dottori, Luca sottolinea: “senza che i genitori se ne accorgessero” (Lc 2,43). Vedendolo tra i dottori Maria, “sua madre gli disse: ‘Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo’”. Gesù risponde: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2,48-50).  
Notiamo qui la presa di coscienza da parte di Gesù della sua figliolanza divina. Si nota un certo recondito contrasto tra Giuseppe, il “padre putativo” (adottivo o legale), o “il padre aggiunto”, secondo la mia libera interpretazione etimologica del nome, e Dio, il vero Padre di Gesù per eterna generazione soprannaturale. Gesù adolescente, maturando la coscienza della sua provenienza divina, si rende conto della sua identità di “figlio di Dio”, e quindi della missione che Dio Padre gli ha affidato. È questo un momento culminante del Vangelo di Luca e anche della teologia e spiritualità di San Giuseppe. Gesù non rinnega la paternità legale adottiva di Giuseppe, ma mette in chiaro che la sua identità e missione provengono da Dio, suo vero Padre, per cui deve rispondere a Dio prima che agli uomini. 
Luca menziona Giuseppe anche in occasione della reazione della gente di Nazareth alle parole pronunciate da Gesù nella sinagoga di Nazareth: “Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: ‘Non è il figlio di Giuseppe’”? (Lc 4,22). Anche qui troviamo un certo contrasto tra il figlio di Giuseppe a livello legale e il Figlio di Dio a livello soprannaturale, il quale dice parole di grazia, quindi parole ispirate dal suo Padre divino, che non potevano venire da Giuseppe, suo padre adottivo.


c) Giuseppe nel Vangelo di Giovanni 

Nel Vangelo di Giovanni il nome di Giuseppe appare almeno due volte. In Gv 1,45 Filippo dice a Natanaele: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù figlio di Giuseppe di Nazareth”. In Gv 6,42 si parla delle mormorazioni dei Giudei dopo il discorso di Gesù a Cafarnao sul pane di vita: “Costui non è forse Gesù il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre [Giuseppe] e la madre [Maria]. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo”? 
Questi testi indicano che era convinzione generalizzata che Gesù fosse il figlio naturale di Giuseppe. Nessuno poteva immaginarne la provenienza e la natura divina. Per una speciale rivelazione di grazia, solo Maria e Giuseppe erano consapevoli del mistero che Gesù nascondeva. I maligni, che contestavano la divinità di Gesù, lo sospettavano figlio di prostituzione (cfr. Gv 8,41). 
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