LA FEDE DI GIUSEPPE (Omelia di Mons. Franco Lovignana, 19 marzo 2016)


Il Vangelo inizia con le ultime parole della genealogia di Gesù in Matteo. Sarebbe bello leggerla a ritroso perché essa ci fa risalire fino ad Abramo. Se Giuseppe, della casa e della famiglia di Davide, assicura a Gesù questa ascendenza regale non meno importante è la sua ascendenza abramitica È la seconda lettura della Messa odierna che si incarica di spiegarne la ragione: San Paolo ci spiega che la promessa di diventare erede del mondo non fu data ad Abramo in virtù della Legge (che ancora non c’era perché verrà data solo con Mosé), ma in virtù della giustizia che deriva dalla fede. Egli credette, saldo nella speranza contro ogni speranza, e così divenne padre di molti popoli … La discendenza da Abramo descrive perfettamente Giuseppe come uomo di fede che credette, saldo nella speranza contro ogni speranza e questo fu anche a lui accreditato come giustizia tanto di divenire in Gesù Cristo padre di molti popoli dal momento che la Chiesa universale lo invoca come suo Patrono. La fede di Giuseppe è come quella di Abramo e la nostra deve essere come la sua. Dobbiamo guardare a lui come ad un esempio luminoso. 
La prima caratteristica della fede di Abramo e di Giuseppe è che Dio prende l’iniziativa gratuita, libera ed amorevole di scegliere e di chiamare. Dio irrompe nella loro vita: Il Signore disse ad Abram: Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò (Gen 12, 1); Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. La chiamata di Dio, la Sua iniziativa si traduce in una promessa come una luce che attrae a sé tutta la vita di Abramo e di Giuseppe: Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome … (Gen 12, 2); ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati. La promessa è legata ad una missione: Abramo e Giuseppe diventano collaboratori di Dio nel suo progetto di salvezza. La loro fecondità è nell’ordine della salvezza. Ed ecco la seconda caratteristica della fede di Abramo e di Giuseppe: Dio trova in Abramo e in Giuseppe un cuore capace di ascolto e di fiducia; ascolto e fiducia che si fanno speranza obbediente: Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore (Gen 12, 4); Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore. Questa obbedienza diventa generatrice di vita per altri. E noi? Dio ha fatto irruzione nella nostra vita solo per amore; pensiamo al Battesimo, alla vocazione, alla consacrazione religiosa. Dio ha fatto anche a noi una promessa. Con ciascuno di noi si è impegnato – e le promesse del Signore sono senza pentimento – a portare a compimento quanto ha iniziato chiamandoci alla fede e alla vita consacrata. Anche a noi ha affidato una missione, quella di essere trasmettitori con la nostra vita del suo amore: "Canterò in eterno l'amore del Signore, di generazione in generazione farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà. Preghiamo in questa Santa Messa perché nella vita e non solo a parole possiamo ripetere ogni giorno le parole pronunciate da Gesù entrando nel mondo: Ecco, io vengo … per fare, o Dio, la tua volontà (Eb 10, 7). 

(http://www.diocesiaosta.it/chiesa/allegati/San_Giuseppe_Convento_1656.pdf)
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