(Rosanna Virgili in La Santa Crociata in onore di San Giuseppe, 2020)
Non c'è figura biblica che non porti nel suo nome un futuro e una memoria; così accade anche per Giuseppe. La prima volta che la sua identità viene citata è nella genealogia del Vangelo di Matteo dove, alla fine dei tre cicli, ognuno formato da quattordici generazioni, è scritto: "Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo" (Mt 1,16).
Seppure casualmente, dato che "Giacobbe" si riferisce a un ebreo vissuto molti anni dopo la deportazione in Babilonia, la stretta vicinanza tra questo nome e quello di Giuseppe non può non condurre la mente del lettore biblico a un'altra relazione parentale di padre e figlio notissima a tutti: quella del patriarca Giacobbe e il figlio amato Giuseppe. E anche se l'evangelista Matteo non avesse voluto creare questa allusione, pure noi non possiamo evitare il paragone tra Giuseppe padre di Gesù e Giuseppe figlio di Giacobbe sprezzato dai suoi fratelli e venduto come schiavo in Egitto.
Ma c'è un altro elemento ancor più convincente che lega il nostro Giuseppe alla figura del fratello di Giuda ed è l'inclinazione originale che connota ambedue: l'arte di sognare!
Seppure casualmente, dato che "Giacobbe" si riferisce a un ebreo vissuto molti anni dopo la deportazione in Babilonia, la stretta vicinanza tra questo nome e quello di Giuseppe non può non condurre la mente del lettore biblico a un'altra relazione parentale di padre e figlio notissima a tutti: quella del patriarca Giacobbe e il figlio amato Giuseppe. E anche se l'evangelista Matteo non avesse voluto creare questa allusione, pure noi non possiamo evitare il paragone tra Giuseppe padre di Gesù e Giuseppe figlio di Giacobbe sprezzato dai suoi fratelli e venduto come schiavo in Egitto.
Ma c'è un altro elemento ancor più convincente che lega il nostro Giuseppe alla figura del fratello di Giuda ed è l'inclinazione originale che connota ambedue: l'arte di sognare!
Il coraggio e la bellezza
Per entrare nell'intimità onirica del padre di Gesù dobbiamo seguitare a leggere il testo di Matteo (cf Mt 1,18-2; 23) poiché l'envangelista Luca non pone alcuna nota su questi fatti, essendo concentrato maggiormente su quanto accade a Maria.
Secondo le parole di Matteo, Giuseppe è un sognatore assiduo che riceve in sogno la visita di un angelo.
Le parole che escono dalle sue notti visionarie diventano decisive per il giorno e tutta la vita di Giuseppe e per il destino stesso di Gesù.
Le parole che escono dalle sue notti visionarie diventano decisive per il giorno e tutta la vita di Giuseppe e per il destino stesso di Gesù.
Così era stato anche per il primo Giuseppe quando sognò di essere un covone che si ergeva sugli altri a segnalare che sarebbe stato lui a governare su tutti i suoi fratello (cf Gen 37,5;9).
A causa dei suoi sogni, il figlio di Giacobbe fu perseguitato da loro, ma, alla fine, fu lui a salvare la vita a tutta la famiglia.
Simile al patriarca Giuseppe è, allora, il padre di Gesù: padre di un Salvatore che, per primo, fu salvatore del figlio! Se non ci fossero stati, infatti, quei sogni, se non fosse venuto l'angelo a indicargli la strada, se Giuseppe non avesse ascoltato la voce di Dio che gli parlava quando Erode voleva uccidere Gesù, quale sarebbe stato il destino del Figlio e di sua madre?
Benedetto è il ritornello con cui il Vangelo ci racconta dei sogni di Giuseppe: "Ecco gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse..." (Mt 1,20; 2,13).
Benedetto è il ritornello con cui il Vangelo ci racconta dei sogni di Giuseppe: "Ecco gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse..." (Mt 1,20; 2,13).
Quattro volte si rende presente quest'angelo, quattro sogni, quattro tappe dell'uomo, dello sposo, del padre che fu Giuseppe. Nella tradizione biblica il sogno rappresenza un'esperienza preziosa e sacra; esso è considerato come il primo grande luogo di mediazione, il primo canale utilizzato da Dio per entrare in dialogo con l'umano.
Il primo "linguaggio" dei profeti (cf Ger 23,25).
I sogni regaleranno a Giuseppe la grandezza di una paternità che vuol dire accoglienza e non titolo né possesso dei figli.
Vuol dire innamorarsi e servire la vita che viene da Dio, proteggerne il presente e custodirne il futuro.
Guardarne i contorni dorati, sognando il loro illuminarsi, crescere, dilatarsi in splendore d'amore, carezzandoli con occhi casti e cuore puro.
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