(Giancarlo Pani, in La Civiltà Cattolica, 165, 2014)
Il nome di san Giuseppe è stato inserito nei canoni II, III e IV del Messale Romano. Nel canone I il nome del santo era già stato introdotto, poco prima dell'inizio del Concilio Vaticano II, per volere di Giovanni XXIII [1]. Ora la decisione presa da Benedetto XVI viene realizzata da Papa Francesco [2].
La devozione dell'attuale Pontefice nei confronti di san Giuseppe è nota. Lo rileva anche l'intervista del nostro direttore nel volume La mia porta è sempre aperta, dove si apprende che il Papa ha una statuetta di san Giuseppe «dormiente» sulla scrivania dello studio [3]. Benedetto XVI ha ricordato la sua devozione per il santo di cui porta il nome, e Papa Francesco da vescovo prima, e poi da cardinale e da pontefice, ha inserito nel proprio stemma il nardo, simbolo di san Giuseppe. Egli inoltre ha inaugurato, proprio il 19 marzo, festa del santo, l'inizio del suo ministero petrino. Nell'omelia della Messa ne ha fatto l'elogio: in lui vediamo l'esempio di come rispondere «alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo!» [4].
Non è facile delineare il ritratto di un personaggio che, per quanto importante, nel Nuovo Testamento appare un santo silenzioso. Di Giuseppe di Nazaret i Vangeli non ci riportano nemmeno una parola: lo sposo di Maria e padre di Gesù tace sempre, è davvero il «credente» silenzioso. Mentre di altri personaggi ci viene documentato quanto hanno detto nelle circostanze più diverse (Maria, Pietro e gli apostoli, Zaccaria ed Elisabetta, e perfino Pilato, Erode, Anna), di Giuseppe non ci viene segnalato assolutamente nulla. Sembra che gli evangelisti tacciano intenzionalmente su di lui: silenzio a Nazaret, silenzio a Betlemme, silenzio nella fuga in Egitto, silenzio a Gerusalemme. Si tratta di un silenzio denso e corposo, avvolto di contemplazione e di mistero: perché la vita di Giuseppe si svolge tutta davanti al «Dio fatto carne» e davanti a Maria, che diviene madre «per opera dello Spirito Santo» (cfr Mt 1,20). Per noi che spesso valutiamo il valore di una persona dalle parole e dai discorsi brillanti, e non dai fatti, c'è molto su cui riflettere. Nella vita contano i fatti, e tanto più se sono segnati dal silenzio interiore. Eppure Giuseppe non è un personaggio secondario: se nella società ebraica Gesù ha un padre e un nome, lo deve a lui. Secondo la legge ebraica, Giuseppe, discendente di David, è il vero padre di Gesù. La paternità è la ragione giuridica per cui Gesù si trova inserito nella discendenza davidica e messianica [5]. Ecco il ruolo niente affatto marginale che viene svolto dallo sposo di Maria nella società del tempo: senza Giuseppe, Gesù non avrebbe potuto svolgere la sua missione e annunciare il Vangelo. Nel quadro sociale dell'Israele di allora, un figlio illegittimo non aveva diritto di parola in pubblico [6].
Non è facile delineare il ritratto di un personaggio che, per quanto importante, nel Nuovo Testamento appare un santo silenzioso. Di Giuseppe di Nazaret i Vangeli non ci riportano nemmeno una parola: lo sposo di Maria e padre di Gesù tace sempre, è davvero il «credente» silenzioso. Mentre di altri personaggi ci viene documentato quanto hanno detto nelle circostanze più diverse (Maria, Pietro e gli apostoli, Zaccaria ed Elisabetta, e perfino Pilato, Erode, Anna), di Giuseppe non ci viene segnalato assolutamente nulla. Sembra che gli evangelisti tacciano intenzionalmente su di lui: silenzio a Nazaret, silenzio a Betlemme, silenzio nella fuga in Egitto, silenzio a Gerusalemme. Si tratta di un silenzio denso e corposo, avvolto di contemplazione e di mistero: perché la vita di Giuseppe si svolge tutta davanti al «Dio fatto carne» e davanti a Maria, che diviene madre «per opera dello Spirito Santo» (cfr Mt 1,20). Per noi che spesso valutiamo il valore di una persona dalle parole e dai discorsi brillanti, e non dai fatti, c'è molto su cui riflettere. Nella vita contano i fatti, e tanto più se sono segnati dal silenzio interiore. Eppure Giuseppe non è un personaggio secondario: se nella società ebraica Gesù ha un padre e un nome, lo deve a lui. Secondo la legge ebraica, Giuseppe, discendente di David, è il vero padre di Gesù. La paternità è la ragione giuridica per cui Gesù si trova inserito nella discendenza davidica e messianica [5]. Ecco il ruolo niente affatto marginale che viene svolto dallo sposo di Maria nella società del tempo: senza Giuseppe, Gesù non avrebbe potuto svolgere la sua missione e annunciare il Vangelo. Nel quadro sociale dell'Israele di allora, un figlio illegittimo non aveva diritto di parola in pubblico [6].
NOTE
[1] CENTRE DE RECHERCHES [...] SAINT-JOSEPH, MONTRÉAL, Per l'inserzione del nome di San Giuseppe nelle preghiere della S. Messa, Roma, Pia Società Torinese di S. Giuseppe, 1961, 67-71.
[2] Già Pio IX aveva proclamato san Giuseppe patrono universale della Chiesa. Il santo era stato poi confermato da Leone XIII, da Pio X, Benedetto XV e Pio XI. Pio XII istituì la festa di san Giuseppe artigiano per il 1° maggio e lo proclamò patrono degli sposi cristiani (CENTRE DE RECHERCHES, Per l'inserzione del nome di San Giuseppe nelle preghiere della S. Messa, cit., 46-67). Giovanni XXIII aveva anche proclamato san Giuseppe anche patrono del Concilio (19 marzo 1961). Giovanni Paolo II ha dedicato a san Giuseppe l'esortazione apostolica Redemptoris custos (15 agosto 1989).
[3] PAPA FRANCESCO, La mia porta è sempre aperta. Una conversazione con Antonio Spadaro, Milano, Rizzoli, 20132, 14.
[4] Cfr Oss. Rom., 20 marzo 2013, 8.
[5] Mt 1,1-16; cfr H. L. STRACK - P. BILLERBECK, Das Evangelium nach Matthäus erläutert aus Talmud und Midrasch, München, C. H. Beck'sche Verlag, 1956, 35. La paternità legale, o putativa, era abbastanza comune in Oriente (si veda nella Bibbia la legge del «levirato»).
[6] Cfr G. MAGNANI, Origini del Cristianesimo. II. Gesù costruttore e maestro. L'ambiente: nuove prospettive, Assisi, Cittadella, 1996, 225.
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