Va
detto che Giuseppe, nonostante il suo ruolo fondamentale nella
vita di Gesù, non ha avuto molta fortuna nella tradizione iconografica
cristiana: lo si rappresenta di solito come un anziano, con barba
bianca, accanto a Maria, una donna giovanissima, e con un bastone in
mano a cui si appoggia; in cima alla verga immancabilmente spunta un
giglio candido... Ma Giuseppe non è un vecchio, tutt'altro! [7] Sappiamo
che nella società ebraica del tempo ci si sposava adolescenti, di norma
prima dei quindici anni. Giuseppe quindi è un giovane, si fidanza e si
sposa con una donna giovane. Maria e Giuseppe sono due ragazzi che
affrontano insieme la loro vita [8].
Anche sul lavoro di Giuseppe va precisato qualcosa. Da due passi del
Vangelo si sa che era ho téktôn [9], termine che di solito viene
tradotto con artigiano, carpentiere, falegname, costruttore [10].
Recenti scoperte archeologiche a Sefforis [11], vicino a Nazaret, ci
inducono a pensare che si tratti piuttosto di un artigiano qualificato,
di un geometra, forse di un architetto, nel senso che in un paese
l'artigiano è un personaggio noto e di spicco (si noti l'articolo, ho
téktôn, che farebbe pensare che nel paese non esistano molte persone con
tale qualifica); in ogni caso allude a una posizione sociale modesta,
ma buona, non certo indigente. Per il lavoro di Giuseppe, la famiglia di
Gesù non rientrerebbe tra le famiglie poverissime di Nazaret.
In
tale contesto forse appare con più chiarezza l'episodio evangelico del
sogno di Giuseppe. Quando Maria, all'annuncio dell'angelo, ha la
consapevolezza di essere incinta, sul matrimonio della giovane coppia si
profila lo sgomento. Per questo Giuseppe, «che era giusto» (Mt 1,19),
decide di troncare il matrimonio e di rimandare in segreto la sposa: non
per un'offesa alla sua dignità, ma per rispetto del volere di Dio.
«Giusto», nella Bibbia, indica chi vive della legge del Signore ed è
fedele ai suoi comandi [12].
Giuseppe però vuole anche essere attento a Maria, rispettoso di una
situazione che non comprende, ma che lo supera e lo trascende. Perciò
decide di mettersi da parte e sceglie la soluzione più radicale, che per
lui è la rinuncia più grande. La sua posizione economica è dignitosa;
dunque, può perdere la dote e allontanare Maria in segreto, senza creare
scandalo [13].
I piani di Dio però sono diversi.
Durante il sonno Giuseppe riceve una
missione: «Non devi aver timore di sposare Maria, perché il bambino che
lei aspetta è opera dello Spirito Santo. [...] E tu lo chiamerai Gesù»
(Mt 1,20-21). Qui si rivela la grandezza d'animo di Giuseppe: mentre
egli ha un suo proposito da realizzare, il Signore si fa avanti con un
disegno sconcertante, stravolgente. Lo sposo di Maria potrebbe
protestare, forse ribellarsi, avrebbe molte ragioni da far valere... E
invece è una persona che ascolta e riflette, è attento alla parola che
gli viene dall'alto, la medita nel suo cuore: non è indifferente
all'annuncio dell'angelo, anzi ha il coraggio di mettersi in discussione
e di confrontarsi con il misterioso messaggio.
Giuseppe ha qui la sua annunciazione: deve rinunciare al proprio
progetto per seguire il piano di Dio. Egli si dichiara disponibile e
prende con sé la sua sposa. Ma, a differenza di Maria, Giuseppe non ha
dalla nascita nessun «immacolato concepimento»: è un uomo come noi, con
le sue debolezze, le sue incertezze, i suoi timori, le sue angosce, la
sua paura per un futuro di cui non conosce assolutamente nulla. Non è
facile accettare di essere padre di Gesù: lo si può fare solo con una
umiliazione grandissima, o con uno smisurato orgoglio. Giuseppe dice il
suo sì umile e si impegna a svolgere una missione fittizia, che pure ha
una sua verità: Gesù è un bambino da curare e Maria è la sposa a cui
deve stare a fianco giorno dopo giorno. Giuseppe non pensa a se stesso o
al proprio vantaggio, non si difende da Dio, non accampa diritti, ma è
attento alla chiamata che lo interpella e che gli chiede di mettersi al
servizio del piano di salvezza. Che cosa questo comporti di fatto per
Giuseppe non viene detto: gli viene chiesto solo - come a Maria - di
affidarsi completamente a Dio.
La fiducia di Giuseppe in Dio diventa così pane quotidiano per Gesù e
per Maria: se la famiglia di Nazaret vive dignitosamente, è per il
lavoro di Giuseppe; se Gesù ha da mangiare e da vestire, se in città,
non ha gridato, e l'uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo.
Così estirperai il male in mezzo a te». Il primo caso non ha luogo,
perché Maria e Giuseppe, benché sposi, non avevano iniziato la vita in
comune; il secondo caso aveva bisogno di testimoni ed era caduto in
disuso nel tempo. In seguito era prevalsa un norma meno drastica, che
prevedeva il ripudio come atto pubblico con il libello cresce bene, se
apprende le cose fondamentali della vita, se impara un mestiere, se
conosce la fatica del lavoro, lo deve a Giuseppe [14]. Il ruolo
tradizionale del padre ha, in Israele, una lunga storia e una tradizione
specifica. Scrive uno storico dell'Antico Testamento: «Dopo la prima
istruzione a opera della madre (cfr Pr 1,8; 6,20), il dovere di educare
passava al padre. Questa educazione non comprendeva soltanto l'avvio a
leggere e a scrivere (cosa di cui molti appaiono capaci, secondo Dt 6,9,
11,20; Gdc 8,14), e la formazione professionale (di regola il figlio
ereditava la professione del padre), ma anche l'istruzione morale e
religiosa» [15].
NOTE
[7]
Nell'iconografia, l'età avanzata di Giuseppe serve a salvaguardare la
verginità di Maria. Gli apocrifi sviluppano molto questo filone e lo
giustificano per i fratelli e le sorelle di Gesù (che sarebbero frutto
di un precedente matrimonio di Giuseppe). Ma nel V e VI secolo san
Giuseppe è rappresentato imberbe e nel fiore degli anni. Nel 1505-1506,
Raffaello, nel Matrimonio della Vergine (Milano, Brera), lo dipinge
giovane. Diverso è invece il successo di san Giuseppe nella storia della
Chiesa: tra il 1517 e il 1980 sono sorte 172 comunità religiose sotto
il patrocinio del santo; di esse, 51 erano maschili e 121 femminili (cfr
K. S. FRANK, «Josef, Mann Marias. Religiöse Gemeinschaften», in Lexíkon
für Theologie und Kirche, vol. V, Freiburg – Basel – Rom - Wien,
Herder, 1996, 1001-1003).
[8] Tra i Padri, Girolamo riteneva che, al tempo di Gesù, l'età delle
nozze per gli uomini fosse di 30 anni (Adv. jov. 1,3: PL 23,213); va
ricordato anche MASSIMO DI TORINO, Serm. 43, che ribadisce la giovinezza
di Maria: PL 57,639. L'apocrifo Storia di Giuseppe il falegname (del
tardo VI secolo) pone il matrimonio di Maria all'età di 12 anni.
[9] Mt 13,55: «Non è costui [Gesù] il figlio del téktón?». Cfr anche Mc
6,3: «Non è costui il téktón, il figlio di Maria?», mentre Luca ha
semplicemente: «Non è costui il figlio di Giuseppe?» (Lc 4,22).
[10] Il termine téktôn indica propriamente un «carpentiere», un
«produttore», uno che fabbrica, un operaio edile (nel latino della
Vulgata è reso con faber); sarebbe meno esatto tradurlo con fabbro: cfr
H. BALZ - G. SCHNEIDER, Dizionario esegetico del Nuovo Testamento, vol.
II, Brescia, Paideia, 1998, 1587 s; il termine è alla radice del nostro
«architetto», cioè «capo costruttore». Si veda anche G. RAVASI,
Giuseppe. Il padre di Gesù, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2014, 57-65.
[11] La città, chiamata poi dai Greci Neocaesarea, si trova a 6 km da
Nazaret ed è stata la prima capitale di Erode Antipa. Questi l'aveva
ricostruita tra il 2 a.C. e il 20 d.C., dopo che era stata distrutta in
seguito alla ribellione avvenuta alla morte di Erode il Grande. Al tempo
di Gesù, Sefforis arrivava forse a 60.000 abitanti. La ricostruzione ha
coinvolto muratori, falegnami e architetti dei paesi vicini, tra cui
Nazaret. Cfr R. A. BATEY, Jesus & the Forgotten City. New Light on
Sepphoris and the Urban World of Jesus, Grands Rapids (Mi), Baker Book
House, 1991; G. RAVASI, Giuseppe..., cit., 60.
[12] Cfr Sa/l1,2; Dt 6,17. «Giusto» quindi non indica propriamente
l'onestà o la bontà d'animo, ma l'osservanza in maniera irreprensibile
dei comandamenti del Signore. In particolare, in Matteo la prima parola
detta da Gesù, in risposta a Giovanni Battista, riguarda la giustizia
(cfr Mt 3,5); e al termine del Vangelo, Gesù è definito «giusto», anzi
«il giusto», dalla moglie di Pilato (Mt 27,19).
[13] Il libro del Deuteronomio, per tali circostanze, sancisce il ripudio
della sposa e la lapidazione; inoltre il ripudio deve essere un atto
pubblico. I casi contemplati sono due. Il primo, Dt 22,20-21: «Se la
giovane non è stata trovata in stato di verginità, allora la faranno
uscire all'ingresso della casa del padre e la gente della sua città la
lapiderà a morte, perché ha commesso un'infamia in Israele,
disonorandosi in casa del padre». Il secondo, Dt 22,23-24: «Quando una
fanciulla vergine è fidanzata e un uomo, trovandola in città, giace con
lei, condurrete tutti e due alla porta di quella città e li lapiderete a
morte: la fanciulla perché, essendo
(cfr Dt 24,1). Cfr H. L. STRACK - P. BILLERBECK, Das Evangelium nach
Matthäus..., cit., 50-53.
[14] Da Marco si conosce il mestiere di Gesù, che è lo stesso del padre.
Cfr Mc 6,3: «Non è costui il falegname, il figlio di Maria?»; si veda G.
RAVASI, Giuseppe..., cit., 72 s.
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