SANTA TERESA DI GESÙ E SAN GIUSEPPE - Prima parte


(Da San Giuseppe "Mio grande protettore" di suor Giovanna della Croce, Mimep-Docete, 2004, pp. 161-165)

Al Carmelo la devozione giuseppina di santa Teresa viene oggi considerata come uno dei legami più che ricchi, che la "Santa Madre" ha lasciato per i figli, con la vita spirituale. È una devozione che in lei si è trasformata "in un'esperienza soprannaturale,... toccata soavemente e fortemente dagli eventi mistici che sono entrati nella sua anima".
 
Per far vedere come potè avverarsi in lei un'amicizia soprannaturale sulla base di una pura devozione e diventare un'intima vita, raggiungendo una zona di vita mistica, P. Tomas Alvarez distingue alcuni punti interrogativi "in due fatti". Sono i "due episodi simbolici, e si trovano alle due estremità della vita interiore di S. Teresa: l'uno al principio della sua vita religiosa, l'altro quando ormai sta per raggiungere le vette. Il primo poggia sulla vita esteriore della Santa e si affaccia sulla vita interiore; l'altro costituisce uno dei grandi nodi della sua vita mistica".
 
Il primo fatto è legato al periodo in cui "Teresa, giovanissima ancora, religiosa carmelitana da appena due anni, è colta da una paralisi totale. Nella sua immobilità, viene inchiodata al letto da dolori acutissimi. È malmenata dai medici, dichiarata poi inguaribile, prende una decisione importante: scegliersi un medico nel cielo. Teresa trova e sceglie san Giuseppe".
Infatti, nella Vita afferma: "È stato lui a fare che io potessi alzarmi e camminare, e non essere più rattrappita". E aggiunge: "Già da alcuni anni, nel giorno della sua festa io gli chiedevo sempre qualcosa e sempre mi sono vista esaudita". (Vita, cap. 1,1 e 7).
 
Come è arrivata Teresa a scegliere proprio san Giuseppe? È molto probabile che ciò sia legato alla sua lettura del Flos Sanctorum. Questa leggenda aurea ha avuto in Spagna, nel 1520, una nuova edizione. Nella seconda parte, dove si parla dei santi e delle festività celebrate nell'anno liturgico, appare la vita di san Giuseppe. Non faceva parte dell'opera originale, che fu composta negli anni 1264-1267 da Giacomo di Varazze o di Voragine. È un'aggiunta, che riprende il lavoro del benedettino Gauberto Fabricio de Vegard.
Questa nuova edizione fu pubblicata quando la bambina aveva 5 anni di età. Poco dopo, quando Teresa aveva 7 o 8 anni, con suo fratello Rodrigo faceva la lettura di alcuni santi, come dice lei stessa, ed è possibile che si trattasse della nuova edizione di Flos Sanctorum, comprata da suo padre. 
L'esperienza fatta da bambino ha certamente condotto Teresa a dedicarsi anche in seguito alla preghiera rivolta a san Giuseppe, per lasciarsi guidare da questo suo "celeste medico" e per lodarlo: "Comincia a far celebrare Messe e recitare orazioni approvate (dalla Chiesa). E presi per avvocato e patrono il glorioso san Giuseppe, raccomandandomi molto a lui! Vidi chiaramente che questo mio padre e patrono mi trasse fuori da quella situazione, sia da altre più gravi in cui erano in gioco il mio onore e la salvezza dell'anima mia, meglio di quanto io non sapessi chiedergli. (Ho) ricevuto grazie da questo Santo benedetto" (Ibid., cap. 6,6).
Con la preghiera, si apre in lei un contatto intimo: "ho sperimentato che il glorioso san Giuseppe ci soccorre in tutto. Il Signore vuol farci capire che allo stesso modo in cui fu a lui soggetto in terra – dove san Giuseppe che gli faceva le veci di padre, avendone la custodia, poteva dargli ordini – anche in cielo fa quanto gli chiede" (Ibid., cap. 6.6).
 
L'altro fatto, scrive P. Tomas, è legato a una visione di Giuseppe e Maria. Teresa racconta: "In quello stesso tempo, il giorno dell'Assunta, in un convento dell'Ordine del glorioso san Domenico, stavo meditandoi sui molti peccati che in passato avevo lì confessato e su altre cose della mia vita miserabile, allorché fui presa da un rapimento così grande che mi trasse quasi fuori di me. Mi sedetti e mi pare di non aver neppure potuto vedere l'elevazione né seguire la Messa, che poi me ne rimase lo scrupolo. Mentre ero in questo stato, mi sembrò di vedermi rivestire di una veste bianchissima e splendente e, al principio, non vidi chi me la ponesse. In seguito scorsi alla mia destra nostra Signora e alla sinistra il mio padre san Giuseppe che me la metteva indossi e capii che ero ormai purificata dei miei peccati. Vestita che fui e piena di grandissima felicità e gioia, mi parve che nostra Signora mi prendesse le mani, dicendomi che la mia devozione al glorioso san Giuseppe le faceva molto piacere". (Ibid., 33,14). 

In un'altra visione Teresa dice: "Non vidi chiaramente il glorioso san Giuseppe" (Ibid., n. 33,15). Però, nonostante il non vedere la sua figura, si sentì "inondata di gioia e d'ineffabile dolcezza" e così la devozione al Santo Patriarca diventò "personale", il che vuol dire che nel caso di Teresa diventò una profonda esperienza interiore di san Giuseppe, un'esperienza di amicizia pura, che da allora iniziò e l'accompagnò per tutta la vita.
 
 
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