IL SANTO NOME DI GIUSEPPE

(Da Il mese di Marzo in onore di San Giuseppe di Bartolo Longo)


«È pensiero di molti Padri della Chiesa che Dio stesso sia stato l'autore del nome benedetto di Giuseppe, ispirandolo ai suoi genitori. Infatti, si vede mirabilmente adempiuto nel santo Patriarca ciò che tal nome significa.
Il nome Giuseppe, in lingua ebraica, vuol dire accrescimento; ed è nome che conveniva perfettamente a colui, il quale, essendo stato destinato ad essere il casto Sposo di Maria ed il Padre putativo di Gesù, doveva necessariamente crescere in perfezione come l'antico Patriarca, figura di lui, e che fu grande tra i suoi fratelli.
Ma vi è ancora di più. Secondo che piamente credono parecchi Padri della Chiesa e molti chiarissimi teologi, tra cui il Gersone, l'Isolano e il Suarez, San Giuseppe fu purificato dalla macchia originale e santificato ancor prima di nascere. Infatti, se Geremia ebbe il privilegio di essere santificato prima della nascita, se San Giovanni ricevette quella grazia come conveniente alla sua qualità di Precursore del Messia, non possiamo noi credere che colui che doveva tener luogo di Padre al Salvatore, ed essere lo Sposo della Regina delle Vergini, sia stato trattato con eguale amore e misericordia?
Se vi fu grande gioia alla nascita del Precursore del Messia,  non doveva del pari essere motivo di viva gioia la nascita di colui che Dio aveva prescelto a far da padre al suo Figlio?
Felice, o Giuseppe, felice la madre tua che ti diede al mondo!
E quanto dovette essere bello il giorno in cui nascesti! Gli Angeli lo hanno celebrato coi loro celesti cantici.
Anzi gli autori citati credono giustamente che San Giuseppe fu confermato in grazia, e non ebbe mai la disgrazia di offendere Iddio gravemente.

Imitiamo San Giuseppe: impariamo alla sua scuola come dobbiamo comportarci nella vita sociale.
Nonostante tutti i favori celesti, di cui egli fu ricolmo, non tralasciò di diffidar di se stesso.
La sua virtù, quantunque superiore a tutti i pericoli, temeva dei più leggeri, il suo cuore non si credette al sicuro, se non fuggendo gli oggetti lusinghieri, anche i meno pericolosi.
Guardate Giuseppe, e lo troverete sempre attento sopra se stesso e diffidente delle sue forze.
I santi Dottori ammirano il suo silenzio, come se avesse dovuto temere intemperanze della sua lingua.
Evidenziano la sua applicazione al lavoro, come se l'ozio fosse stato per lui un pericolo. Lodano il suo amore per la solitudine, come se l'aria del mondo avesse potuto alterare la sua virtù.
In una parola, il suo continuo lavoro, il suo spirito di orazione, la diffidenza di se medesimo, il suo amore per la ritiratezza, insegnano alle anime, che aspirano all'amor di Dio, ciò che si deve fuggire e ciò che si deve praticare per conservarsi nella divina grazia».
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